Anche dal carcere si può ripartire
di Francesco Chiorazzo e Giorgio Torri
“[…] Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. […]” (Art. 27 della Costituzione Italiana)
L’articolo 27 della Costituzione italiana sancisce il vero obiettivo di un carcere, un principio fondamentale che va ben oltre la mera reclusione. Questi hanno raccontato alla redazione del Salice fra’ Giuseppe Giunti, frate francescano impegnato nel carcere di Alessandria e recentemente anche di Torino nella sezione collaboratori di giustizia, e Marina Lomunno, giornalista de “La Voce e il Tempo” che ha vissuto da vicino la realtà carceraria. Insieme hanno scritto il libro “E-mail ad una professoressa” (Effatà Editrice) sul valore dell’educazione all’interno di un luogo di detenzione.
Fra’ Giuseppe Giunti ha tracciato un quadro chiaro sul ruolo cruciale dell’istruzione nella lotta contro le mafie. La sua esperienza all’interno del carcere rivela quanto sia vitale il contributo della cultura per il sistema giudiziario. I collaboratori di giustizia, usciti dall’organizzazione criminale, forniscono informazioni preziose che possono essere decisive per smantellare reti criminali e raccontano la centralità della scuola. “Se non aggiustate la scuola, la camorra vincerà sempre” ammonisce, sottolineando la paura che le mafie nutrono nei confronti dell’istruzione. E proprio attraverso la formazione alla cittadinanza si può sperare di scardinare le radici profonde della malavita nella società.
Ma cosa significa rieducare individui che hanno commesso crimini così gravi? Fra’ Giuseppe offre un’illuminante prospettiva umana, evidenziando la complessità del confronto con persone che hanno causato tanto dolore. Il suo approccio empatico, ispirato ai principi cristiani, si basa sull’accettazione della persona per ciò che è ora, non per i suoi errori passati. Questa visione rieducativa, che si fonda sulla dignità intrinseca di ogni individuo, deve essere un pilastro anche della giustizia italiana, che mira a recuperare le persone piuttosto che punirle.
Le parole di Marina Lomunno, giornalista che ha avuto l’opportunità di incontrare detenuti e condividere le loro storie, aggiungono un’ulteriore chiave di comprensione. Il carcere non è solo un luogo di privazione della libertà, ma anche un mondo di persone con storie complesse e sfaccettate. La giornalista de La Voce e il Tempo mette in luce l’importanza di guardare oltre la semplice narrazione di “criminali” e “sfortunati”, riconoscendo che il contesto sociale e le circostanze influenzano profondamente le scelte di vita di un individuo.
Entrambi hanno poi sottolineato l’importanza di un’istruzione che vada oltre la trasmissione di conoscenze, ma che si concentri sulla formazione di cittadini consapevoli e responsabili. È un processo lungo e complesso, che richiede un impegno totale da parte di tutta la società. Come afferma fra’ Giuseppe: “La giustizia italiana è rieducativa non vendicativa” e solo attraverso un’educazione inclusiva e compassionevole si può sperare di spezzare il ciclo della criminalità e offrire una seconda possibilità a coloro che ne hanno bisogno.
Per leggere l’intervista del Salice a Marina Lomunno, clicca qui