Il falso mito della parità di genere
di Vanessa Gramignoli
Nascere donna è l’equivalente di nascere uomo. È un dato di fatto e ormai tutti la pensano in questo modo all’alba degli anni venti del duemila. Non si augura più la nascita di figli esclusivamente di sesso maschile, perché le donne hanno gli stessi privilegi e diritti.
Ma essere donna non è l’equivalente di essere uomo.
E purtroppo è quest’altro il concetto che ancora va rinvigorito, ricordato e cambiato, all’alba degli anni venti del duemila. Perché in un mondo ancora guidato prevalentemente dal genere maschile, è complicato far emergere ciò che non va e sembra impossibile far capire quanto la vita sia naturalmente più difficile, pericolosa e incerta per una donna.
Certamente una volta aperta questa conversazione chiunque si troverebbe sulla stessa lunghezza d’onda, sostenendo che la totale parità di genere ancora non è stata raggiunta e c’è ancora molta strada da fare, ma questa strada non sembra volerla imboccare nessuno, perché al di là dell’ambito giuridico e legislativo, nella vita di tutti i giorni, una donna rimane inferiore ad un uomo.
Una ragazza in giovane età prova rabbia per non sentirsi capita, creduta o sostenuta, sentendosi ancora troppe volte definita e giudicata in base ideali passati e non più applicabili in una società moderna. Deve comportarsi in un certo modo, avere un certo aspetto, saper quando parlare e quando tacere, e se incontra queste caratteristiche, si scontrerà poi con altri pareri contrastanti, perché in quel caso è all’antica, noiosa e senza personalità.
Una donna in carriera verrà criticata per non essersi dedicata alla famiglia, che nel subconscio di quasi tutti è il ruolo naturale e primario di una donna. E oltre a ciò verrà pagata meno del suo collega uomo, che svolge le sue stesse mansioni. Ma se al contrario questa donna sceglie la famiglia e rimane a casa con i figli mentre il partner è al lavoro, verrà criticata perché si fa mantenere e non è intraprendente abbastanza. E i due stili di vita non possono essere conciliati, perché una donna in carriera che sceglie di mettere su famiglia correrà il rischio di perderla quella carriera.
Tutti questi giudizi, l’uno differente dall’altro, fanno perdere ad una donna il senso di chi è e di chi vuole essere, sostituendolo con la ricerca di ciò che deve essere per sentirsi apprezzata e conforme all’idea che altri hanno di lei.
Esiste anche un peso psicologico a cui una donna è sottoposta tutti i giorni: la paura di tornare a casa da sola o di mettere un vestito più corto del solito, perché ha la consapevolezza che se dovesse succederle uno degli orrori che si sentono al telegiornale quotidianamente, la colpa potrebbe ricadere su di lei.
E ancora, una lei è costretta a pagare sproporzionalmente di più rispetto a un lui per i prodotti di igiene e uso personale, per quel fenomeno chiamato pink tax.
C’è molto altro su cui discutere, ma non basterebbe un libro, quindi per quanto le società stiano migliorando, il nostro mondo rimane un mondo per uomini e questo solo una donna può capirlo.