Perfetta imperfezione
Il termine “imperfezione” deriva dal latino “imperfectio” e ha come unico significato “mancare di qualche dote o qualità necessaria per essere perfetto”, oggigiorno, tuttavia, questo vocabolo è comunemente correlato ad altre espressioni come paura, vergogna e senso d’inappropriatezza.
L’essere umano, bensì, è ontologicamente imperfetto, Aristotele stesso lo diceva: “Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono”.
La perfezione è quindi quel grado di magnificenza catartica che non è contemplabile, né tanto meno raggiungibile, dall’essere umano.
Al giorno d’oggi, tuttavia, nella società dell’immagine, appare quasi utopistico pensare che una qualunque peculiarità leggermente al di fuori dei tanto rigidi canoni sociali possa essere etichettata con qualunque aggettivo diverso da “sbagliato”.
Il termine “sbagliato” scaturisce nelle giovani menti pensieri intrusivi e deleteri, che portano i ragazzi a spegnere la luce della loro anima per adattarsi al volere del mondo, mondo che, evidentemente, non ha mai letto Aristotele, perché se l’avesse fatto non avrebbe imposto con cotanta violenza dei canoni di bellezza, puntualità e perfezione tanto pressanti ed irraggiungibili.
Nel mondo dei social media, universo che si presenta come contenitore della massima perfezione umana, non c’è più spazio per quella “imperfectio” latina, perché questa porterebbe all’essere diverso e al non essere totalmente allineato ai canoni sociali, e quindi “sbagliato”.
La ricerca di questa tanto fugace ed irraggiungibile perfezione è tuttavia diventata la corsa a chi ha la casa più grande, il corpo più snello e la vita migliore, e in questa gara tanti ragazzi stanno perdendo la luce perché ritengono di essere loro quelli “sbagliati”, perché non rispettano le “regole” di questa corsa, quando in realtà è la competizione stessa quella “sbagliata”, quella che toglie ai ragazzi la possibilità di sbagliare a cuor leggero perché ogni sbaglio, ogni passo falso e ogni azione fatta fuori degli schemi è vista come la più grande disfatta dell’individuo, insuccesso talmente colossale da tramutare l’individuo stesso in un fallimento.
L’imperfezione tuttavia va elogiata e valorizzata, non denigrata e respinta con sdegno, perché il nostro essere imperfetti ci offre l’occasione di sbagliare e d’imparare da questi errori, questa tanto ripudiata imperfezione ci rende umani, e rendendoci umani ci rende unici ed irripetibili e la cosa “sbagliata” sarebbe diventare burattini di questa società malata, e non l’essere noi stessi, nella nostra “perfetta” imperfezione.