Stoner, quando l’ambizione passa in secondo piano

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La vita perde significato quando manca la competizione. Questa è la filosofia con cui la maggior parte degli individui si affaccia al mondo. Nella società odierna, infatti, l’eccessiva ambizione ed il perenne confronto con il prossimo trovano terreno fertile e costituiscono ormai le parole d’ordine da tenere in mente per affrontare ogni giornata. Diventa pertanto difficile riuscire ad identificarsi in un personaggio come Stoner, protagonista del libro di John Williams.

Figlio unico di due contadini, Stoner è un uomo semplice, del tutto ordinario, spinto dai genitori stessi ad intraprendere gli studi nell’università di agraria. Ad irrompere nel suo animo è però l’interesse per la parola poetica, la quale gli rivela gradualmente la dimensione radicalmente opposta in cui i suoi genitori vivono e che lo porterà ad essere un professore di letteratura inglese. L’università diventa così il fulcro dell’esistenza nonché il rifugio di questo personaggio che sembra incapace di trovare il proprio posto nel mondo.

La sua è la storia di una placida e immobile quotidianità che si dipana lungo il corso di una profonda esistenza. Dietro questa apparente insignificanza tuttavia si cela tutto il ricamo dell’intricato enigma della vita. Non una parabola, ma una decisa linea retta. Soltanto in questo modo può essere descritto il percorso di Stoner. In quest’uomo non vi sono picchi di gioia e soddisfazione, né abissi di tristezza e nostalgia. Esporre le lezioni per cui si è opportunamente preparato, vedere la figlia Grace trascorrere i pomeriggi nel suo studio non suscitano in lui pura felicità. Non lascia neppure trasparire un disperato senso di abbandono durante il funerale dei genitori, poiché a dominarlo è una sofferenza composta. È come se si estraniasse persino dalla storia prendendo la decisione di non combattere per il proprio Paese: sporcarsi le mani di sangue infatti vorrebbe dire alimentare quel mostro che attraverso l’insegnamento e l’amore per la letteratura ha sempre tentato di abbattere. La reale costante dell’essenza di Stoner si può assolutamente rinvenire nella perenne serenità che governa il suo animo nonostante le molteplici difficoltà. Gli stessi ostacoli che i più interpretano come fallimenti.

Imbattersi in questa lettura rappresenta quasi un’esperienza di carattere metafisico, in quanto si è inevitabilmente immersi in un’esistenza che differisce dalla propria. E così il lettore si specchia in questo personaggio per trovare una qualche forma di conforto, lasciando poi scivolare via una parte del proprio essere assieme a Stoner. Ci si addentra in una normalità che, tuttavia, non è mai banale. A colpire perfettamente nel segno è lo straordinario livello di verità presente in queste pagine, che esprimono in modo diretto e tagliente come una lama il lento moto delle combinazioni e vicissitudini umane.

Vi è però un elemento in grado di bucare la nebbia di questa esistenza conferendo un senso all’apparente mancanza di significato: la poesia.

Martina Carangella



Il Salice

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