Solitudini ed integrazioni sportive

di Giulia Mongiano

Il sudore che scorre sulla fronte, le braccia che bruciano, le ginocchia che tremano, il fiato corto e l’irrefrenabile desiderio di una doccia gelida. Questa la classica descrizione di una qualsiasi persona in palestra, indipendentemente dall’età o dal fisico, ma, soprattutto, la perfetta immagine di un ragazzo che vi si reca per praticare la sua attività fisica.

Molti infatti praticano questo “sport” durante l’adolescenza, nella speranza di poter raggiungere l’agognata perfezione del  fisico che desiderano, mentre altri frequentano questo ambiente per mantenere in salute il proprio corpo. La palestra però limita la crescita personale, che deve essere accompagnata da valori che soltanto uno sport può trasmettere, ed è per questo che tutti i bambini dovrebbero praticarne uno. Certamente alzare pesi e fare trazioni può insegnare che la costanza negli allenamenti e il duro lavoro sono necessari per raggiungere un determinato risultato, ma, allo stesso tempo, impedisce di provare sensazioni come l’adrenalina portata da una gara imminente, la capacità di creare un legame profondo con i compagni e di provare empatia in un momento di difficoltà, la dedizione e la passione per uno sport che si pratica dall’infanzia, soprattutto se di squadra.

 

Uno di questi insegnamenti più importanti è sicuramente lo sviluppo di una notevole capacità nel relazionarsi con i  coetanei e con gli adulti; infatti i ragazzi sono portati ad avere un dialogo con i propri compagni e allenatori. In caso di liti o incomprensioni imparano come comportarsi e possono fare di questo uno strumento utile per il futuro. Oltre a ciò, insegna a gestire l’ansia prima di una gara o di un concorso, aiuta a capire il proprio corpo in certe circostanze e a sviluppare un autocontrollo che potrebbe servire prima di un esame di scuola o un colloquio di lavoro.

 

Tutte queste sensazioni creano un’esperienza di vita che non si può formare in una palestra con pesi, squat, piegamenti e brevi conversazioni; infatti dopo una decina di minuti, ognuno torna alla propria scheda e non parla con nessuno finché non rientra negli spogliatoi. Si potrebbe pensare che uno sport individuale possa insegnare meno di uno in squadra, ma in realtà gli individualisti raramente si allenano da soli, perciò sono portati a socializzare con gli altri ragazzi e a collaborare. Certamente in palestra si possono dare consigli e ci si può aiutare vicendevolmente ma l’approccio è differente, nelle squadre si discute perché i movimenti funzionino alla perfezione e si incastrino armoniosamente fra loro, si migliora affinché tutta la squadra possa esibirsi o giocare al meglio. Per questo, purtroppo, in questi ultimi tempi è completamente cambiata l’idea di sport che è passata da divertimento, passione e sogni di chi ha trovato nell’ambito sportivo una “seconda famiglia” a tenersi in forma e fare attività fisica, tipico di chi frequenta esclusivamente una palestra.

 

Redazione



Il Salice

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