Il rapporto tra l’uomo e il divino nell’arte e nella letteratura
di Giulia Mongiano
Un arco che dal fianco sale fino alla sfera del seno per poi discendere sulla curva della coscia; il piede sinistro leggermente sollevato, il corpo sbilanciato sul fianco opposto, una mano posta delicatamente sul pube e un’espressione vagamente intrisa di vergogna e pudore.
Con questo atteggiamento l’Afrodite Cnidia di Prassitele si accinge a fare il bagno. Essa è ricordata per essere stata una delle prime rappresentazioni divine femminili completamente ignude. Questa caratteristica era riservata solo agli uomini poiché la bellezza femminile doveva rimanere coperta, nascosta, invisibile a causa di un antico sentimento religioso.
In questa scultura invece la dea non solo è svestita, ma il corpo disegna delle linee curve che sottolineano la dolcezza e la sensualità per rendere la visione del corpo più umana.
Questo è l’inizio di un processo che porterà da un lato ad avere la rappresentazione delle divinità in chiave terrena e non più solenne, dall’altro anche al cambiamento dei soggetti. Durante il periodo classico i protagonisti raramente erano infatti personaggi terreni e i pochi venivano divinizzati; infatti avevano un aspetto solenne e statico, una postura rigida e composta, un’espressione fredda e distaccata. Tutto questo cambia con l’inizio dell’epoca tardoclassica e con l’atteggiamento rivoluzionario dei tre principali scultori: Prassitele, che con il modellato rivoluziona la postura donandole flessuosità e sensualità; Lisippo, che introduce il movimento con la conquista della terza dimensione; Scopas, che con il patetismo regala sentimento all’espressione.
Il momento in cui l’attenzione si sposta quasi completamente su un nuovo gruppo di soggetti è l’Ellenismo. I protagonisti diventano gli esseri umani, ma soprattutto individui comuni come ad esempio la scultura che raffigura la vecchia ubriaca. Logicamente le divinità continuano a essere rappresentate, ma con aspetti realistici, con sentimenti, sostanzialmente con caratteristiche umane.
Dopo l’Ellenismo si svilupperà l’arte romana, in cui tornerà l’utilizzo del carattere solenne, tipico del periodo classico, nelle statue-ritratto dedicate a sovrani e imperatori; successivamente con l’arte cristiana i soggetti diverranno nuovamente le figure sacre. Tutto questo a dimostrazione che l’interesse dell’uomo cambia, condizionato dal periodo storico in cui si vive, dalla religione, dalla politica, dall’esigenza del pubblico e del committente. Così come nella scultura accade anche nella pittura, nell’architettura e nella letteratura. Per quest’ultima è sufficiente pensare ad uno dei momenti più floridi della letteratura italiana.
Nel Medioevo le opere di diversi scrittori, fra cui Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti, hanno come interesse principale la donna. Il sentimento e l’amore sono descritti in modo dettagliato e pienamente umano, accompagnati da sensazioni fisiche.
La donna è vista come una creatura angelica grazie alla sua straordinaria bellezza, ma, nonostante questo, rimane terrena. Con Dante la donna diventa un tramite tra il divino e l’uomo, un angelo che può portare a Dio: l’obiettivo è raggiungere la divinità. Questo è così fondamentale nella vita che lo scrittore trasforma il suo forte sentimento in un mezzo, rendendolo meno centrale, e perciò ha una visione teocentrica della vita, che rispecchia appieno la mentalità dell’epoca.
Viceversa Petrarca, poco posteriore a Dante, introduce l’antropocentrismo poiché si concentra sul proprio amore e sulla propria donna. Vede questi due elementi come ostacoli che gli impediscono di arrivare a Dio, nonostante dica di volerlo, e la sua attenzione è rivolta ad una profonda analisi delle sue sensazioni , della sua coscienza e della sua anima. Questa propensione all’interesse per l’uomo e per i suoi sentimenti sarà centrale durante l’Umanesimo e soprattutto durante il Rinascimento.