Giovani attori crescono

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di Irene Del Mastro, Alice Santucci, Gabriella Sallustio 

Vedere palcoscenico e platea vuota, in effetti, fa un po’ impressione. Così come il silenzio di una sala senza applausi. Sedere poi sulle poltrone di un teatro e sapere che le luci di lì a poco non si spegneranno perchè non c’è uno spettacolo che deve iniziare, è decisamente strano. Un po’ come osservare i giovani attori della compagnia “Torino Spettacoli” vestiti in borghese accomodarsi attorno a noi al teatro Erba di corso Moncalieri. Proprio quelli che qualche giorno prima avevamo visto ed applaudito  nell’ampia sala a pancia di balena del teatro Erba, nello “Pseudolus”, tratto dall’omonima commedia dell’autore latino Plauto.

Giovani, ancora di più se incrociati in abiti non da scena. Ma bravi, anzi bravissimi a ricreare la crassa e carnale comicità della commedia plautina e sinceri, anzi sincerissimi nel concedersi a noi redattori altrettanto giovani del Salice per scambiare qualche impressione e curiosità. Un’intervista a sei mani e sei voci, forse atipica nella conduzione molto dialogata ma schietta nei contenuti.

Alessandro Bognandi, Luca Simeone, Roberta Bellino, Cristiana Venia, Andrea Pampanini e Simone Marietta. Ricordiamo questi nomi perchè, come si suole dire, ne sentiremo presto parlare.

La passione per il teatro è l’aspetto che accomuna più di tutti questi futuri attori del teatro Erba ma tutt’altro che in erba a livello di bravura e professionalità. Sorprendentemente, non tutti hanno iniziato da piccolissimi, anzi, quasi tutti verso il periodo delle medie o in concomitanza con l’inizio del liceo.

Una domanda che ci è sembrata opportuna fare ai ragazzi, visto il particolare indirizzo di studi scelto, è stata il perché hanno deciso di frequentare questa scuola al posto di “farsi una cultura” com’è ormai di moda affermare.

Un esempio lampante di come i giovani d’oggi siano influenzati dal sentire comune per cui se si sceglie il Liceo occorre fare il Classico o lo Scientifico, è Andrea Pampanini, Simone nella commedia, il quale trovatosi di fronte alla decisione della scuola superiore ha scelto il Cavour. Dopo il primo anno di Ginnasio ha capito che quella non era la sua strada. E decidendo di “mettere sè al primo posto” ha optato per il Liceo Coreutico perchè, come ci dice,  “la vita è una ed è mia”.

Interessante è invece la convinzione con cui Luca Simeone afferma: “Se non avessi fatto questo non avrei fatto altro”. Luca infatti ha fin dall’inizio avuto delle idee chiarissime dopo essere venuto a conoscenza del Germana Erba grazie a Leonardo Cecchi, attore protagonista della situation comedy italiana Alex&Co. Da qui l’incontro con il direttore del Liceo, Gian Mesturino, e dopo l’audizione la scelta di vita.

Altro aneddoto interessante, sempre su Luca, è che la sua passione per la recitazione è anche merito della madre, il cui grande sogno sarebbe stato lavorare nel mondo dello spettacolo. Il figlio ne ha così preso metaforicamente il testimone portando sulla scena anche un po’ delle velleità materne.  

L’aspetto che ci accomunava tutti in quella sala, a prescindere dalle passioni o scelte di vita, era l’età. Stiamo tutti affrontando il periodo dell’adolescenza, noto come quella fase della vita di tutti in cui ci si sente “più ribelli”, più indipendenti, più liberi e tendenzialmente desiderosi di uscire con gli amici durante le ore libere. E la nostra domanda relativa al tempo libero ha generato in loro molta ilarità. Infatti la loro risposta è stata: “Tempo libero? Cos’è il tempo libero? ditecelo voi perché noi non sappiamo cosa sia”.

Abbiamo così dedotto che il teatro e la loro tipologia di scuola riempiono totalmente le loro giornate, essendo il loro orario scolastico composto da 8 ore di lezione, anche di più di quelle di un Classico o di uno Scientifico, con prove escluse e di conseguenza il tempo da dedicare allo studio è sempre piccolissimo. Però tutti insieme ci hanno tenuto a precisare che tutto ciò non è un sacrificio: motivati dalla passione, riescono a ritagliarsi del tempo tra una scena e un’altra per studiare.

Come abbiamo potuto apprendere, la preparazione di uno spettacolo di questo calibro, richiede diversi mesi: per essere in scena ad ottobre, le prove sono infatti iniziate a luglio. Tuttavia, pur frequentando classi diverse ed avendo età differenti, la quotidiana presenza insieme sul palco e la complicità che crea un testo teatrale hanno creato un legame molto forte tra di loro.

Andrea, Luca e Simone ci hanno tenuto a precisare che, nonostante abbiano partecipato ad altre commedie, hanno notato una grande differenza rispetto agli altri allestimenti. Mentre infatti le altre messe in scena non evolvono e rimangono sempre uguali, con Pseudolo è diverso perchè  lo spettacolo “cresce ogni volta di più, e con esso anche la nostra amicizia. Siamo sempre più uniti pronti ad aiutarci”. E visto il range d’età a cui propongono questo spettacolo, è importante per loro avere una buona chimica, oltre a delle buone basi teatrali.

Il teatro è anche rapporto diretto e non filtrato con il pubblico e durante lo Pseudolus i giovani attori sono riusciti a catturare l’attenzione della platea dalla prima all’ultima scena. I ragazzi ci hanno detto che il loro “segreto” è semplice: l’improvvisazione. “Facile”  – ci confidano – “spesso cambiamo le battute. In base al pubblico che ci troviamo davanti e in base alle sue reazioni variamo  gli interventi sul momento, o da un tempo all’altro, per rendere lo spettacolo più piacevole e divertente”. Un po’ come nella Commedia dell’Arte.

Nonostante ciò, proporre un’esibizione del genere davanti a così tante persone, e soprattutto coetanei, non è semplice, in particolar modo a quest’età in cui il giudizio altrui pesa molto. Tuttavia ci hanno confessato che “quando il pubblico è giovane, contrariamente con quello che si potrebbe pensare, è molto più semplice e divertente dato che l’età e gli interessi sono simili rimangono più affiatati con gli spettatori”.

Il teatro è dunque tutto ciò che di bello possiedono, e lo si può capire quando hanno affermato più volte che “con il teatro si possono passare molti messaggi”, aggiungendo anche che “il teatro ti rende più sciolto e ti fa crescere tanto; in più ti toglie anche paranoie o preoccupazioni.”

Naturale dunque voler conoscere qualche segreto sulla gestione della paura, ma soprattutto sull’ansia prima di salire sul palco .

Roberta, la bellissima Fenicia in Pseudolus, ci dice: “Sono ansiosa per tutto e prima di entrare in scena è la paura è altissima, ma quando sali sul palco scompare, è bellissimo”. Luca, Calidoro nella Commedia, aggiunge: “L’ansia la gestisco non gestendola”. Concetto ribadito poi da tutti: L’ansia da palcoscenico è una buona cosa perchè “ci sprona a dare il meglio di noi”, una sorta di carica pronta ad esplodere ed in grado di far brillare di luce propria. 

Sempre rimanendo in tema ci hanno raccontato che a volte hanno anche organizzato degli spettacoli aiutati da attori professionisti, aspetto che agli occhi di un “non attore” sembra quasi un’impresa mistica, ma il rapporto con i mostri sacri del palcoscenico, il vederli lavorare, il cogliere i loro consigli, “è istruttivo e appagante”. E sono stati tutti molto sorpresi dal fatto che quando si inizia a preparare uno spettacolo insieme “si diventa quasi come degli amici, anche se inizialmente è strano avere un rapporto di amicizia con un attore famoso, o ancora di più, con un docente”.

Un esempio lampante è il lavoro svolto con il grande Piero Nuti, 94 anni, anagraficamente molto distante ma in realtà sintonizzato perfettamente sulla stessa lunghezza d’onda dei giovani. Perchè sul palcoscenico “il linguaggio è unico e quel “muro” studente-insegnante viene subito abbattuto rendendo il lavoro più facile e piacevole per entrambe le parti”. 

La curiosità è stata poi conoscere quale sia stata la parte più bella e quale più difficile da preparare. Risata immediata, semplice e collettiva, a sottolineare il perfetto feeling che solo un comune palcoscenico può dare. E poi: “Certamente il finale. Questo perché la conclusione, a livello scenico, è stata cambiata svariate volte durante i mesi delle prove e perchè, dovendo stare tutti quanti sul palco a portare un pezzo ballato è necessario, oltre ad una gran bella sintonia, tanto duro lavoro e attenzione ad ogni singolo e minimo dettaglio. Ma il teatro è la nostra vita, ci riempie il cuore di gioia e ne vale dunque la pena”.

Redazione



Il Salice

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