Sulle tracce della memoria: il Salice a Piazza Fontana





Venerdì 28 febbraio, una parte della redazione del Salice si è recata a Milano per un viaggio nella memoria, ripercorrendo la vicenda della strage di Piazza Fontana sotto la guida di Benedetta Tobagi. Storica e giornalista di grande rilievo, Tobagi si è distinta per il suo impegno nella ricerca della verità sul terrorismo in Italia. Figlia del giornalista Walter Tobagi, assassinato nel 1980, Ha dedicato la sua carriera allo studio delle stragi e della manipolazione dell’informazione, affrontando con rigore e passione i nodi irrisolti della nostra storia recente.
La strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969, è un evento chiave della storia italiana. L’esplosione di una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano provocò 17 morti e 88 feriti, dando inizio alla cosiddetta strategia della tensione, un piano mirato a diffondere paura e instabilità per favorire una svolta autoritaria.
Inizialmente, le indagini si concentrarono sugli anarchici, portando all’arresto di numerose persone, tra cui Giuseppe Pinelli, che morì precipitando dalla finestra della questura, dopo tre giorni di interrogatori. Successivamente, Pietro Valpreda fu ingiustamente accusato sulla base di prove inconsistenti, trascorrendo tre anni in carcere prima di essere scagionato.
Col passare del tempo, le indagini si orientarono verso i gruppi neofascisti veneti, in particolare su Giovanni Ventura e Franco Freda, riconosciuti come responsabili dalla Cassazione, ma mai condannati per via di un’assoluzione precedente. La strage di Piazza Fontana, dunque, rimane senza colpevoli ufficiali, nonostante la verità storica abbia ormai fatto chiarezza sulla matrice neofascista dell’attentato.
Durante la visita, la redazione del Salice ha potuto percorrere i luoghi simbolo della strage: Piazza Fontana, dove sorge il memoriale dedicato alle vittime, costituto da 17 formelle di porfido sistemate attorno alla fontana, con incisi i nomi, la professione e l’età di ciascuna vittima; le targhe commemorative che ricordano il sacrificio di Giuseppe Pinelli e la sua morte ancora avvolta da interrogativi; la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, testimone di quella tragica giornata.
Il percorso si è concluso presso la Casa della Memoria, grazie all’interessamento attivo di Paolo SIlva, figlio di una delle vittime di Piazza Fontana e membro dell’Associzione delle vittime. La Casa della Momoria è un luogo di raccolta e riflessione sulle vittime del terrorismo e delle stragi del secondo Novecento. Qui, Benedetta Tobagi ha parlato della strategia della tensione e del suo lavoro di ricostruzione storica, mostrando come il passato continui a influenzare il presente.
Negli anni, la percezione pubblica della strage di Piazza Fontana è cambiata. Nei primi anni Settanta, l’opinione pubblica iniziò a comprendere la vera matrice dell’attentato, grazie anche alla crescente attenzione mediatica. Tuttavia, negli anni Ottanta, la memoria di quegli eventi si fece più sfumata: le assoluzioni per insufficienza di prove generarono confusione e il terrorismo delle Brigate Rosse monopolizzò il dibattito pubblico, oscurando il tema della violenza di matrice neofascista. Oggi, il rischio è che la memoria della strage si perda tra le nuove generazioni, spesso poco consapevoli delle differenze tra terrorismo nero e terrorismo rosso.
La strategia della tensione si basava non solo sulla violenza terroristica, ma anche sulla manipolazione dell’informazione e sul depistaggio delle indagini. Oggi, pur senza attentati così eclatanti, esistono strategie simili che sfruttano nuovi strumenti per condizionare l’opinione pubblica. La diffusione di fake news, il controllo dei social media e la distorsione della realtà servono a generare insicurezza e a giustificare politiche autoritarie. Tobagi ha evidenziato come in passato la paura fosse alimentata da stragi e attentati, mentre oggi il controllo delle masse avviene attraverso la gestione dell’informazione, con effetti altrettanto pericolosi.
La ricerca della verità storica si scontra ancora oggi con molte difficoltà. Durante il suo lavoro di ricostruzione, la storica ha trovato numerosi ostacoli nell’accesso ai documenti ufficiali. Gli archivi di Stato spesso non contengono tutti i materiali necessari e i servizi segreti hanno più volte opposto il segreto di Stato per impedire l’emergere di verità scomode. Un caso emblematico è quello di suo padre, Walter Tobagi: nel tentativo di accedere ai documenti dell’antiterrorismo, per comprendere se il suo omicidio potesse essere evitato, la giornalista si è scontrata con risposte evasive e con la mancanza di trasparenza da parte delle istituzioni.
L’incontro ha rappresentato per la redazione un’importante occasione di approfondimento, non solo sulla strage di Piazza Fontana, ma anche sui meccanismi della manipolazione dell’informazione e sull’importanza della memoria storica. Comprendere il passato è essenziale per decifrare il presente e per riconoscere quei segnali che, se trascurati, possono condurre a derive autoritarie.