Andy Warhol: il genio pop

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di Costanza Castorina, Cecilia De Ambroggio, Aurora Levato, Marco Magliano, Beatrice Martino, Matteo Sacchero, Vittoria Simonetti, Emma Zimaglia

A Mondovì nell’ex Chiesa di Santo Stefano, utilizzata in passato dalla confraternita dei Battuti Bianchi, è stata esposta una mostra donata dal collezionista Gianfranco Rosini con alcune delle opere più iconiche di Andy Warhol. Per poter capire meglio l’artista, è necessario conoscere alcune informazioni sulla sua vita. 

Andrew Warhola Jr. nacque nel 1928 a Pittsburgh (Stati Uniti) da immigrati di origini cecoslovacche. I suoi genitori erano molto poveri e il padre era un minatore; questo è il motivo principale per cui i primi soggetti furono delle lattine di zuppa, considerate da una persona cresciuta in ristrettezze economiche, come uno status symbol.

Fin da piccolo soffrì di attacchi nervosi, ma questo gli diede un primo stimolo a disegnare, per rilassarsi e per impiegare il tempo a casa. Il suo primo lavoro fu realizzare manifesti pubblicitari, da cui in seguito prese ispirazione per molte delle sue opere. 

Si trasferì a New York nel 1949, adottando il suo famosissimo nome d’arte e costruendo il suo personaggio. Iniziò a conoscere diverse celebrità grazie al suo lavoro, frequentando le redazioni di importanti riviste come Vogue e Glamour.

A New York numerosi  artisti, come i Rolling Stones (in particolare Mick Jagger), Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e molti altri frequentarono le sue Factory, laboratori artistici in cui Warhol e i suoi collaboratori producevano le opere d’arte.

Essendo un personaggio tanto eccentrico, avrebbe voluto morire in maniera straordinaria com’era stata la sua vita ma, pur essendo sopravvissuto a un attentato da parte di Valerie Solanas, morì in seguito a un’operazione alla cistifellea nel 1987. Tra le sue ultime opere troviamo quello che sarebbe dovuto essere l’invito al suo funerale: una madonna di Raffaello, che però non venne mai utilizzato.

Nel 1949 inizia a lavorare per grandi riviste e conoscere molte personalità di rilievo, tra cui una interior designer di nome Suzie Frankfurt, con la quale nascerà una collaborazione. I due realizzano un ricettario sulla cucina di tendenza in quell’epoca, quella francese; nel ricettario i disegni sono realizzati a mano da Andy e colorati dai vicini di casa, le ricette vengono trascritte da Suzie e vengono ricopiate dalla madre di Andy. Ne realizzano 34 copie ma non ne vendono nessuna fino agli anni ‘90, dopo la morte dell’artista.

Un’altra opera importantissima di Andy è la zuppa Campbell, la quale rappresentava per lui una scalata sociale e la possibilità di permettersi di comprare cibo di qualità, viste le ristrettezze nelle quali era vissuto. Allo stesso tempo spopolavano le opere dell’artista Roy Lichtenstein, ma Andy, sapendo di non poter copiare il suo stile, ne inventa uno del tutto nuovo: la serigrafia. Questa tecnica consiste nello stampare l’opera su seta.

 

Andy realizza inoltre molti ritratti di Marilyn Monroe ed Elizabeth Taylor, attrici simbolo della cultura pop dell’epoca, utilizzando colori molto accesi, ritenuti da lui stesso molto belli poiché il soggetto era bello esteticamente; anche per quest’opera utilizza la tecnica della serigrafia.

Gli interessi di Warhol successivamente si focalizzano prima sulla musica e sul cinema, in seguito sull’arredamento, bizzarro e originale. Infatti girerà un film particolare chiamato Sleep, in cui riprende per 25 ore un uomo che dorme.

Warhol lancerà i Rolling Stones, focalizzandosi principalmente sul cantante, Mick Jagger, e anche su un’altra band, chiamata The Velvet Underground. Inizierà a disegnare le copertine dei loro dischi.

Proprio per illustrare la copertina dei Velvet Underground scelse, nel 1966, la famosa banana accompagnata dalla scritta “Peel slowly and see”, che divenne una vera e propria icona. Si va dunque incontro ad un cambiamento radicale nell’arte, che diventa trasgressiva, unica ed originale.

Successivamente crea la Factory, un atelier artistico pubblico dove tutti potevano disegnare e dipingere, ma l’ultima parola spettava sempre a Warhol. Oltre a ciò, realizza il primo libro pop up e ripropone la celebre zuppa Campbell, firmata.

La mostra poi illustra una teoria di icone che hanno incarnato per anni il sogno americano: compaiono Elvis Presley, Aretha Franklyn, cantautrice e pianista statunitense, Debbie Harry, e un’icona italiana, Loredana Bertè. Loredana negli anni ‘70 è un’icona, prima come attrice e ballerina e poi come cantante: ”Sei bellissima”, “Dedicato” e “La luna bussò” sono considerate le “hit” degli anni ‘70.

 

Inoltre, il videoclip della canzone “Movie”, è stato proprio realizzato dalla factory di Andy Warhol.

Inoltre l’artista produce, tra le sue opere, delle banconote firmate e diventate opere d’arte, simbolo massimo del consumismo dell’epoca. L’artista è stato anche contattato dalla rivista Time, per due anni, affinché ne creasse la copertina, in cui si doveva ritrarre la “Persona dell’anno”: infatti sono visibili il cantante Michael Jackson e il manager Lee Iacocca. Nel 1969, Warhol, ha fondato la rivista Interview: un magazine che per 50 anni ha riportato interviste senza utilizzare alcun tipo di filtro o censura, raccontando i personaggi sulla base di tutto ciò che accadeva durante la conversazione. Esempi di celebrità intervistate sono Madonna e Mick Jagger.

Possiamo quindi constatare che Andy Warhol ci insegna che la ripetitività è una vera e propria forma di comunicazione, che riesce a svuotare di valore un soggetto, ma che, al tempo stesso, ha anche la straordinaria capacità di rendere l’opera immediatamente riconoscibile e di farla ricordare, rendendola perciò non solamente “Pop” (popolare), ma immortale.

Ascolta qui il nostro podcast sulla mostra

Matteo Sacchero



Il Salice

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