Lavoro libero

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di Francesco Icardi

Satnam Singh, bracciante indiano di 31 anni, lo scorso 19 Giugno fu “scaricato” davanti a casa sua in seguito ad un incidente sul lavoro che gli è costato la vita. Episodi come questi continuano ad accadere ogni anno nelle campagne della penisola italica e nelle due isole. Queste tragedie sono il frutto di un fenomeno ormai illegalmente diffuso nelle zone rurali d’Italia: il caporalato.

Tale fatto iniziò a manifestarsi già all’inizio del XX secolo, in seguito alle numerose immigrazioni dell’epoca; è arrivato anche ai giorni d’oggi, seppur le abitudini e i costumi della società siano cambiati notevolmente. Sì è diffuso inizialmente nelle regioni settentrionali ma, a causa delle nuove migrazioni dall’Africa e dalla Turchia, negli ultimi decenni si è propagato specialmente in tutta la zona meridionale della penisola. Al momento in Italia si sta cercando di sradicare questa “pianta dannosa” che ha fondato delle radici robuste soprattutto nel settore primario.

Negli ultimi anni sono aumentati i casi di caporalato: sebbene possa sembrare un dato negativo, ciò vuol dire che è aumentato anche il numero di segnalazioni da parte dei lavoratori che, a differenza di un tempo, non tengono allo scuro questi casi e pretendono che i loro diritti siano rispettati. Inoltre, l’aumento dei casi ha “risvegliato” le menti del governo italiano che il 4 novembre del 2016 ha emanato una legge che riconosce la gravità del reato.

Tutto iniziò il 7 gennaio del 2010 quando due braccianti africani vennero assassinati a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro (RC). Il macabro evento mise in movimento il sindacato Cgil e nacquero diverse ribellioni e scioperi. Nello stesso anno uno studente africano del politecnico di Torino, dovendo pagare gli studi, si recò a lavorare nelle campagne Salentine dove organizzò uno dei primi grandi scioperi contro il caporalato.

Secondo i dati, oggi in Italia circa 400.000 lavoratori sono esposti al caporalato di cui l’80% di nazionalità straniera. Queste informazioni oltre a mettere in guardia in nuovi migranti che giungono in Italia alla ricerca di lavoro, devono spaventare anche gli organi politici nazionali poiché dimostrano la fragilità economica e sociale all’interno delle regioni dello stivale. Ancora oggi più di 30.000 aziende sfruttano questo sistema che agevola lo sviluppo della mafia: partendo da pochi braccianti sfruttati si può arrivare addirittura ad un grande sistema di criminalità organizzata. Uno dei pochi modi per contrastare tutto ciò è segnalare alle forze dell’ordine il prima possibile segni di sfruttamento; oggi in Italia è ancora difficile a causa dell’atteggiamento omertoso della popolazione specialmente nelle regioni meridionali.

Redazione



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