Emilia Torcini, quando la moda è inclusiva

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Emilia Torcini, il premio Vogue Talents 2021 e un grande obiettivo: abbattere le barriere sociali nei confronti di chi viene ritenuto diverso da noi. Nata con una paralisi cerebrale che le impedisce il corretto incedere, circondata dalle terre toscane, si innamora della moda, strumento che le permette di esprimersi al meglio. Per lei essenziali sono la sostenibilità e il riciclo, come nel caso dei busti ortopedici. Grazie ai suoi ideali e alla sua efficacia nel creare abiti comodi e artigianali, acquista visibilità con la collezione “Disability is not a limit, you are the limit. Nell’intervista seguente decide di raccontarsi in maniera autentica e spontanea.

Cos’è per te la moda?
Per me la moda è tutto, è difficile da spiegare, posso essere davvero me stessa perché la moda è libertà. Puoi essere ciò che vuoi, lei non ti giudica! Il mondo della moda è affascinante, quando disegno viaggio con la mente. Non vedo e non sento più nulla. Siamo solo io e lei. La moda è universale, non esistono limiti alla fantasia. Come dico sempre, la moda è il mezzo più potente per abbattere le barriere.

Come ti sei appassionata a questo settore?
Grazie a mia mamma. Di sera, lei faceva dei piccoli lavoretti per avere un’entrata economica: essere una donna sola con tre figli piccoli non è semplice. Lei lavorava mentre io la osservavo affascinata; talvolta, mi divertivo anche a disfare una cucitura. Quando ero a scuola, disegnavo sui banchi. La cosa affascinante è che non volevo fare la stilista, ma solo aiutare le persone, ragion per cui mi sono iscritta a un indirizzo sociale. L’interesse per la moda è ritornato dopo l’esame di maturità, in seguito a un periodo difficile. Grazie alla moda ho ritrovato me stessa. In un certo senso, come già con mia mamma, la moda aveva aiutato anche me.

Qual è stato il momento più difficile della tua carriera? Quale il più significativo, in positivo?
Il momento più difficile è far vedere la mia personalità e non la mia disabilità. Viviamo in un mondo dove la disabilità equivale a un qualcosa che non si è in grado di fare come delle persone normali. Bisogna far capire che le persone con disabilità possono avere una vita come tutti, che non sono degli oggetti ma delle persone. Esistono diverse sfumature di disabilità, ma la società pensa che ne esista solo una. Il momento “positivo”, invece, è quando le persone mi ringraziano, vedendo la mia collezione e la mia storia. Questo mi rende felice, perché le persone possono dire: “Posso farcela anch’io!”.

Se dovessero pubblicare una tua biografia, quali sarebbero la frase iniziale e quella conclusiva?
Inizierei con la frase “Una vista sfuocata, i primi attimi, la prima lotta” perché sono nata a 5 mesi da un parto trigemellare, ed essendo prematura, quella è stata la mia prima vera lotta per sopravvivere non essendo ancora formata del tutto, pesavo solo 700 etti. Per questo sono dovuta restare in un’incubatrice per più di sei mesi. I medici dissero che non sarebbe stato facile. Una frase conclusiva? In realtà non c’è, perché io credo che la vita sia sempre una scoperta. Quindi direi “Crederci sempre”.

Quali sono le tue più grandi aspirazioni?
Sinceramente, per quanto riguarda la mia posizione, il mio desiderio sarebbe quello di migliorare questo mondo nei confronti della diversità. Con la mia voce, con la mia esperienza, voglio essere da esempio per persone come me, che hanno paura di essere ciò che vogliono essere. Per questo racconto la mia vita e la mia filosofia: per dare una speranza per un futuro migliore.

Se dovessi collaborare con una casa di alta moda, chi sceglieresti?
Non avrei preferenze perché sono una persona che ama le sfide, mi metterei subito in gioco anche se la casa di moda non rispecchiasse il mio stile. È bello poter unire stili e filosofie diverse!

Elementi preferiti della collezione “Disability is not a limit, you are the limit”?
I busti ortopedici di scarto, simbolo di costrizione e di stigma, che sono stati dipinti con le caricature di Roosevelt e di Jean Paul Sartre. Il grande filosofo francese ha, infatti, denunciato le contraddizioni del nostro tempo, vissuto da persone incapaci di comprendersi a vicenda.

Cosa ne pensi della passerella dell’anno scorso del brand americano Victoria’s Secret, in cui hanno potuto sfilare anche donne affette da disabilità?
Personalmente, non dovrebbe essere una notizia perché il mondo è fatto di diversità. Le persone non sono uguali per fisicità, appartenenza geografica e culture. È bellissimo essere diversi! Ad esempio nella mia collezione “Disability is not a limit, you are the limit” ho fatto sfilare una modella che aveva 50 anni, per rompere gli schemi. Non siamo in un mondo in cui siamo fatti con “lo stampo”, come ad esempio la classica Barbie. Ma siamo tutti diversi. E la diversità è unica!

Non hai mai pensato di far sfilare persone affette da disabilità, piuttosto che modelli professionisti?
Ritornando al discorso delle risposte precedenti, la società non vede oltre l’apparenza! Ogni volta che si vede una sfilata diversa, con persone con disabilità, le persone dicono “poverino” e alla fine il vero messaggio si perde.

Senti mai la sensazione di aver aiutato qualcuno nel concreto?
Sicuramente portando la mia storia in tutto in mondo tramite la mia collezione e le interviste (il documentario su Euronews, RAI, ecc.) ricevo molti messaggi di ringraziamento, perché vedendomi affermano che sono una fonte di ispirazione per tutte le persone che hanno paura di questa società, che non accetta il diverso.

Cosa pensi sia necessario fare per abbattere totalmente le barriere della disuguaglianza? Qual è la cosa
che blocca, ad oggi, il raggiungimento di questo obiettivo?
È difficile, perché il vero grande limite sono le nostre menti che non vedono oltre l’apparenza di qualsiasi genere. La mente umana non è pronta ad accettare questo. Basta vedere il mondo, le cose che accadono tutti i giorni: guerre, povertà, ecc. La mente umana non conosce ancora la parola fratellanza! Due cose possiamo fare: parlare e sensibilizzare.

Hai vinto il premio Vogue Talents 2021. E’ stato inaspettato?
Onestamente, non pensavo di vincerlo perché tutti i finalisti avevano portato delle collezioni particolari. Ricevere il premio da Sara Sozzani Maino [Giudice e consulente a diversi concorsi di moda, dal 2018 anche International Brand Ambassador per la Camera Nazionale della Moda Italiana, n.d.r.] è stato veramente un onore. Quando hanno detto il mio nome non sono uscita subito, perché non ci credevo!

Quali sono i tuoi progetti futuri? Come ti immagini tra qualche anno?
Questa è una domanda che ricevo spesso, ogni volta non mi sbilancio mai su cosa sarà il futuro. Può succedere di tutto, l’importante è lavorare duramente per raggiungere i propri obiettivi. Ci saranno dei momenti duri è proprio questi sono importanti perché ti insegnano qualcosa di nuovo.

Un consiglio per chi come te vuole seguire una carriera da stilista?
La prima cosa che consiglio è di essere curiosi, perché la curiosità non ha limiti. Non bisogna avere paura di osare e di imparare perché il vero stilista è proprio questo, colui che sa tutti i procedimenti e viaggia con la mente.

 

Elisabetta Chiadò



Il Salice

Il “Salice” nasce nel 1985. Negli ultimi sette anni sono stati pubblicati più di 2000 articoli online.


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