La scuola contro le mafie
di Maddalena Donna e Chiara Mariconda
Solo la scuola può battere le mafie e portare alla redenzione i criminali pentiti. Questo è il fulcro della raccolta di testimonianze e riflessioni in E-mail a una professoressa, libro che mira a sensibilizzare la società riguardo l’estrema importanza dell’istruzione come mezzo di annientamento della criminalità organizzata. A cura di Marina Lomunno, coordinatrice redazionale del settimanale diocesano “La Voce e il Tempo”, e fra’ Giuseppe Giunti, frate francescano la cui missione sono i collaboratori di giustizia, lo scritto riprende il titolo del celebre scritto Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani.
Il Salice ha colto l’occasione di intervistare l’autrice presso la redazione de La Voce e il Tempo e, dopo aver conosciuto quest’ultima attraverso le scrivanie di chi si dedica alla realizzazione del quotidiano, ha avuto inizio un confronto approfondito su alcuni aspetti dello scritto.
Da quale urgenza è nata questo libro?
“Attraverso l’istruzione e l’educazione si può combattere l’illegalità e fare in modo che i giovani abbiano prospettive di vita. Sulle orme di don Milani è nato E-mail a una professoressa, libro che, attraverso le numerose lettere dei collaboratori di giustizia che hanno voluto condividere la propria esperienza, invita la società a prendere coscienza che parte dalla scuola e dall’educazione la lotta alle mafie”.
Come è nata la collaborazione con fra’ Giuseppe?
“Casualmente avevo letto e apprezzato un suo libro e la sorte ha voluto che anche lui avesse letto la mia intervista al cappellano Domenico Ricca del carcere minorile Ferrante Aporti. È nata così, su sua proposta, la decisione di lavorare insieme ad Email ad una professoressa, poiché entrambi eravamo interessati alle tematiche riguardanti la mafia. Fra’ Giuseppe si è infatti curato di uno scritto religioso indirizzato ai collaboratori di giustizia e un altro dedicato alle donne nel circolo della mafia che esortano al pentimento. Gli ex mafiosi con cui è venuto a contatto gli hanno rivelato che ciò che la criminalità organizzata teme nel profondo è la scuola, poiché questa aiuta alla formazione di un proprio pensiero critico. Per questo l’invito di fra’ Giuseppe per i giovani è proprio quello di dedicarsi allo studio e all’istruzione”.
Quanto è importante essere educati in un carcere?
“Solo tramite l’istruzione, che può essere efficace anche in carcere, si può avere accesso al mondo del lavoro. È dunque di fondamentale importanza tale aspetto poiché, laddove siano presenti proposte di formazione, la recidiva si abbassa: uscito dai poli universitari, il pregiudicato smette di delinquere. Lo studio, infatti, insieme a una buona casa e un posto di lavoro, è uno dei tre cardini per abbassare la delinquenza. Inoltre, la pena deve tendere alla rieducazione dei detenuti cosicché, diminuendo i carcerati, ci sia anche un giovamento all’economia per il calo della spesa di mantenimento dei carcerati”.
Quali aspetti dell’educazione attuale dei giovani dovrebbero essere migliorati?
“La scuola è perlopiù nozionistica e un elemento che andrebbe sicuramente incrementato è l’attualizzazione di ciò che viene insegnato. Attualizzare gli argomenti nel corso di ogni lezione è infatti fondamentale per avere la consapevolezza del mondo intorno a noi ed evitare di ripetere errori commessi nel passato. In questo è sicuramente molto importante la Storia, che, come ci insegna Cicerone, è magistra vitae”.
Quali sono i punti fondamentali nel rapporto tra un professore e un alunno?
“Quando penso al rapporto tra professore e alunno mi viene sempre in mente una frase che spesso don Milani ripeteva: “Tu mi stai a cuore”. Ecco, penso che allo stesso modo un professore debba essere interessato ad un allievo nella sua completezza, seguendo e ricercando la crescita e la maturazione personale. La missione di un docente non è quella di rivolgere l’occhio sempre e solo al registro, ma di educare il giovane in maniera integrale, da un punto di vista prettamente culturale ed interiore. Un educatore deve saper riconoscere le difficoltà, se ci sono, all’interno della famiglia del giovane che segue e supportarlo proprio in questo. È fondamentale che un insegnante rappresenti un punto di riferimento e possa eventualmente anche parlare delle proprie esperienze personali per far crescere coloro con cui si confronta e instaurare un rapporto quasi genitoriale, che non tralasci però i differenti ruoli”.
Quanto è importante nell’educazione di un ragazzo la comunicazione tra scuola e famiglia?
“Senza il raccordo tra famiglia e scuola è difficile, se non impossibile, che ci sia un’educazione integrale per un giovane. Spesso accade, infatti, che quando un insegnante nota un momento di difficoltà in un ragazzo non si rivolga ai genitori dell’interessato. Il dialogo tra scuola e famiglia deve essere invece fondamentale: da madre, con questo libro emerge il desiderio che la scuola aiuti i padri e le madri di turno nel loro complesso compito di genitori. Una scuola che non comunichi con le famiglie non è completamente efficace. Infatti, nel diploma che si consegue al termine del ciclo di studi è intrinseco il fatto di essere cresciuti sia nozionisticamente sia umanamente, impossibile senza tale connessione, che rende intero lo sguardo sul ragazzo”.
Quanto c’è del suo essere anche madre in questo libro?
“In ogni pagina di questo libro sento di aver inserito il mio essere madre, ma non saprei specificare esattamente dove. Avrei desiderato che mia figlia avesse incontrato, durante il proprio percorso scolastico, insegnanti che le rivolgessero la giusta attenzione e la comprendessero in tutte le sue sfaccettature. Il desiderio di una scuola così, ideale per un genitore, è evidentemente presente in Email ad una professoressa”.