L’incoerenza della gioia ingiustificata

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L’ottimismo non è mai una risposta autentica. Si può affermare piuttosto che sia il risultato di una scelta inevitabile che ciascun individuo è chiamato a prendere e che vede come primo orizzonte l’essere pessimisti. Questa propensione intrinseca alla natura umana rappresenta un anestetico, una ricerca di una qualche forma di pace personale e non di quella dell’intera umanità. In fondo anche Cesare Pavese rincorreva questi elementi, come esprime nel romanzo La casa in collina.

In ultima analisi il pessimismo costituisce una dimensione stabile, sicura ma soprattutto impenetrabile. Permette di mettere in preventivo eventuali delusioni, poiché la mente ha ormai costruito tutti i possibili scenari che in seguito sono analizzati e assimilati dal singolo. Questo meccanismo è così realistico e coinvolgente che induce a pensare che la realtà debba coincidere esclusivamente con le struggenti ma certe strutture dell’immaginazione.

Dal pessimismo al divertissement pascaliano

Non bisogna però scivolare nell’ errore di considerare questa malinconia come una filosofia di vita meschina. Al contrario, è di essenziale importanza associare questa rassegnazione ad un sentimento nobilitante, poiché è la più sincera dimostrazione della riflessione da parte di ciascun uomo riguardo alla propria condizione. Fuggendo dunque dall’ infelicità costitutiva ed evitando le questioni esistenziali che sfiorano le più intime corde di ciascuno di noi, non si fa altro che rifugiarsi nel cosiddetto divertissement. Quest’ultimo rappresenta una delle principali tematiche attorno alla quale ruota l’intero pensiero di Pascal e ribadisce la teoria secondo cui l’uomo fugge da ciò che potenzialmente potrebbe ferirlo. Pertanto, le lacrime che questo atteggiamento nei confronti delle realtà spesso comporta ricordano che l’animo del pessimista non è poi così arido. Prendere coscienza del proprio ruolo nel mondo, invece, consente con il tempo di non manifestare la propria vulnerabilità davanti agli altri. Bisogna essere consapevoli che nessuno in questa triste vita è indispensabile, tuttavia è necessario dimostrare il proprio valore per fornire quanto meno meno a se stessi un senso di questa esistenza.

Una nuova definizione di ottimismo

Un espediente per non fronteggiare la cruda realtà. Ecco a cosa è paragonabile l’essere ottimisti.        È certamente, come il divertimento pascaliano, un efficace atteggiamento per affrontare la situazione presente, a tratti fasulla, illusoria, ma non può costituire un modus vivendi. È quindi opportuno fornire una differente definizione di ottimismo, il quale diventa così sinonimo di volontà di esplicitare il proprio valore, la propria dignità ontologica.

Muovere una critica alla gioia ingiustificata risulta dunque fondamentale, dal momento che rifiuta categoricamente di prendere in analisi il mondo contemporaneo con tutte le sue problematiche rivelandosi in questo modo ottusa e codarda. Ci muoviamo inconsapevoli all’interno della fluida e inevitabile dimensione del tempo, mentre oscilliamo costantemente tra le tristi vicende che interessano il mondo, il macrocosmo e quelle che invece riguardano la nostra sfera privata, intima, personale.

L’ottimismo deve essere quindi allontanato a tuti i costi dall’animo di un individuo saggio.

Martina Carangella



Il Salice

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