Partenza intelligente
di Federica Garis
L’eccitazione che caratterizza la partenza per delle esperienze di lavoro da adolescenti in paesi stranieri è sempre un’emozione molto forte ma allo stesso tempo terrificante. Si parte, alla scoperta di nuovi posti, nuove persone, nuovi profumi, nuove avventure e a volte anche nuove lingue e si lasciano indietro tutte le persone del quotidiano ad aspettare il proprio ritorno.
Prima della partenza ci si dà degli obiettivi che però, poichè non ci rendiamo conto delle condizioni imprevedibili della vita solitaria per la prima volta, sono difficili da raggiungere. Per esempio il mangiare sano risulta una sfida quando facendo la spesa ci si lascia attirare da cose allettanti, spesso con troppi zuccheri e carboidrati. Risulta poco facile anche coricarsi ad un ora che permetta di svegliarsi freschi per la giornata di lavoro. Essendo completamente soli per la prima volta in una casa e avendo magari anche un po’ paura, ci si lascia tentare da tutto quello che offre il computer fino alle ore piccole.
Poi vengono le amicizie: sono una priorità assoluta, si ha il desiderio e la voglia di conoscere gente, giovani accoglienti e disponibili. E ancora, se si va in un paese straniero dove non si conosce la lingua ci si impone l’obbligo di impararla parlandola con i nativi e sperando di tornare a casa e rendere orgogliosi i propri genitori e parenti per aver appreso una parlata nuova durante la lontananza.
Partendo si è felicissimi. Si sta partendo, da soli, per un lungo viaggio, senza nessuno, a lavorare, e in aggiunta si guadagna qualcosa. Forse Perché apparentemente si vuole sembrare terrorizzati e tristi, ma dentro di sé si dice per fare ingelosire la gente per l’opportunità e per ostentare la propria apparente maturità. A dire il vero però, si ha paura di cosa si potrà trovare all’arrivo, si ha paura di rimanere soli e di non fare amicizie e per aggiungere si è terrorizzati di non raggiungere i propri obiettivi, e i risultati sperati.
Quando poi l’esperienza sta per giungere al termine, ci si ferma un attimo e si fa il rendiconto dell’avventura vissuta e degli obiettivi che ci si erano prefissati. Per quanto riguarda il lavoro, essendo ciò per cui si era partiti e magari si è pure trovato interessante, allora si è felici e realizzati. Forse addirittura poi si è avuta la fortuna di conoscere delle colleghe che pur essendo più grandi ti hanno posto sotto la loto protezione e ti hanno aiutato. I parenti e gli amici a casa mancano in modo significativo e di nuove amicizie invece non se ne sono strette perché gli stranieri vedendo che non si conosce la lingua non proferiscono parola per paura o giudizio.
E’ complicato anche raggiungere l’obiettivo dell’imparare meglio la lingua straniera, per quanto studiata prima della partenza. Può capitare che la lingua sia parlata con un accento o con elementi di dialetto che la rendano poco comprensibile e, di conseguenza, non si ha il coraggio di cercare di utilizzare le proprie conoscenze linguistiche, un po’ scolastiche, per comunicare con le persone con cui si viene in contatto sia al lavoro sia fuori.
Tutto questo, purtroppo, porta a un senso di delusione per il fatto di non avere ottenuto tutto quanto ci si era prefissato. Finisce per diventare una barriera e un ostacolo nei rapporti. Si capisce in queste situazioni quanto una lingua non sia solo qualcosa che possa appagare il desiderio di conoscenza, ma quanto sia fondamentale per costruire dei rapporti interpersonali nella vita quotidiana. A volte persino salutare può essere fonte d’imbarazzo: si ha sempre paura che le persone pensino che tu sappia la loro lingua, cosa che non è vera. L’alternativa più facile è parlare in inglese, ma poi non vuoi che loro parlino solo inglese, perché tu vuoi imparare la loro lingua e intraprendere un rapporto intimo di amicizia e non solo stare sul superficiale inglese.
Perciò vivere da soli è da una parte un’esperienza che può incutere un po’ di paura risulta in parte duro venire a conoscenza di certi limiti che si trovano difficili da accettare. Al contempo però è proprio questo il bello dell’esperienza perché la consapevolezza di questi ostacoli è fondamentale ed è un’opportunità unica per migliorare se stessi.