Gran Torino
di Luca Casalegno
“La cosa che tormenta di più un uomo è quella che non gli hanno ordinato di fare.” Walt Kowalsky
Clint Eastwood, attore e regista della pellicola datata 2008, si trova ad interpretare un vecchio veterano della guerra in Corea. Scontroso e duro anche con i membri della sua famiglia, sembra che l’unica cosa che ancora lo leghi al mondo è la sua Ford Gran Torino che cura meticolosamente. A turbarlo particolarmente sono i cambiamenti nel quartiere dove vive dovuti alla convivenza complicata con i vicini Asiatici, Thao e Sue. La pellicola per 120 minuti e nonostante mantenga un velo malinconico per tutta la sua durata, espone il cambiamento graduale di un uomo che passando dall’astio più acceso e sincero nei confronti dei suoi vicini, arriva ad aprirsi e a scegliere per sè una conclusione catartica per portare la pace in quartiere.
Sicuramente non è un finale avvincente come quello dei film western ai quali Clint Eastwood ci ha fatto appassionare, ma racchiude perfettamente il cambiamento reale del personaggio. Una storia di dolore e di rinascita, di sacrificio e di umanità con una decisione finale spiazzante per come era iniziato il film. Se i traumi del passato e la sua famiglia apatica lo costringevano in sé stesso, il legame creato con i vicini tanto ripudiati lo hanno liberato da un peso facendolo effettivamente iniziare a vivere. Questo, oltre per esaltare la pellicola per bellezza e longevità, serve a ricordare di non farsi vincolare da pregiudizi o dal passato ma di andare avanti perché spesso ci si può ritrovare nei posti più inaspettati.
Sicuramente è un film godibile sotto ogni aspetto che lascia tanto allo spettatore, non solo visivamente parlando. Inoltre richiede poco impegno per capire l’ambientazione e immedesimarsi nei personaggi fin da subito.