Faccia a faccia con le proprie paure

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di Carola Cogno

Siamo fatti di paura. Una paura che può essere costruita, bella ,terribile, ma che è comunque propria dell’uomo. Si tratta di un meccanismo emotivo, biologico, chimico che ci induce alla prudenza ,a fermarsi di fronte al limite, ma che può anche bloccare, paralizzare. Un elemento che non possiamo non mettere in conto, per imparare a convivere con noi stessi e con i nostri timori. Timori che si declinano in innumerevoli sfaccettature e che permeano il quotidiano in modo più o meno esplicito, condizionando le nostre scelte, influenzando le nostre personalità . Ci muove, ci frena: la sua doppia faccia si tinge di un significato profondo che assume caratteri positivi e a al contempo svilenti. Tutto dipende dal nostro modo di affrontarla, di viverla, chiusi in noi stessi o aperti all’altro.

Il dominio dell’Io

Infatti nel caso in cui sia l’Io a dominare, la paura si colora di un sottile velo di egoismo che oscura e accieca. Così Il singolo, solo e abbandonato, si trova costretto a confrontarsi con il proprio Io individuale e a non vedere altro: si preoccupa per sé e solo per sé. Non scorge vie d’uscita e non può ragionare in modo obbiettivo, essendo coinvolto in prima persona. Ecco allora che il suo giudizio viene offuscato, piegato da pregiudizi e preconcetti. Entrata infatti in gioco l’emotività, non c’è spazio per un’analisi distaccata e razionale della situazione. Impossibile così comprendere la vera natura delle paure da affrontare che d’ altro canto spesso risultano essere mere costruzioni, invenzioni fittizie , che ci portano a chiuderci in gabbia, in quattro mura che siamo noi stessi a costruire. Una sensazione di malessere autoimposta che non contempla un confronto con l’altro. Si brancola nel buio delle proprie convinzioni e incertezze.

La pressione sociale

Oltre a questo malessere individuale e introspettivo esiste una tipologia di paura di carattere decisamente più comunitario, frutto di un contesto sociale che non si accontenta, che non si ferma mai “all’abbastanza”. Una percezione che incrementa l’ambizione del singolo e l’aspettativa collettiva. Il motto è fare, fare, fare. Sempre di più, sempre meglio. L’ansia di arrivare sempre più in alto, sempre più in là. Un bisogno? Una necessità? Forse più un’ ossessione, una malattia sociale.

La positività della paura

La paura però non si tinge solo di sfumature negative, ma si può si declinare in modo positivo, sfociando in quel timore che ricade nella concitazione, nell’eccitazione . Quest’ultima ci rende attivi, pronti a reagire. Ecco allora che le nostre capacità aumentano sotto pressione, si raffinano, si levigano: siamo in grado di di creare, di produrre, sebbene ansiosi e intimoriti. In questo senso è proprio la preoccupazione, la paura che ci permette di crescere, di metterci in discussione. Non blocca, ma smuove. Non distrugge, ma crea.

L’equilibrio nell’incertezza

La risposta al problema della paura non è univoca poiché univoca non è la paura stessa. Qualcuno crede di averla respinta, chi non la abbandona mai e chi la rinnega. Ma debellarla è impossibile. La paura infatti quando si scatena in tutta la sua potenza diviene incontrollabile, irrazionale e risulta essere “domina”, padrona dell’uomo. Non sembra esserci nulla che tenga di fronte a una tale entità, in cui ,per di più, confluiscono aspetti psicologici e psicanalitici. . Accettarla è difficile, controllarla ancora meno. Trovare un equilibrio, dosare la paura è l’obiettivo di una vita. Negarla invece, come se non ci appartenesse, è ciò che di peggio possiamo fare: si tratta infatti di un limite e di uno strumento che non possiamo ripudiare, in quanto parte integrante della natura umana. Persino il coraggioso ha paura, semplicemente si aggrappa a un fine più alto per cui lottare, per cui battersi, con la consapevolezza che quello scopo sia più importante della paura stessa.

Carola Cogno

Del mondo amo l’arte. L’arte in tutte le sue espressioni e sfaccettature. L’arte in un quadro, in una parola, in un gesto



Il Salice

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