Note di conforto

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di Claudio Gallo

La musica da sempre può fare propri i grandi eventi della storia, quali epidemie o guerre, che hanno lasciato una traccia nell’animo umano e che a volte hanno avuto anche un influsso diretto sulla storia della musica stessa. Gli autori delle opere in alcuni casi dovevano adattarsi alle circostanze nella composizione della musica o dell’orchestra e del coro, e questo poteva dare spunti per la nascita di nuovi generi musicali; in altri casi invece semplicemente ascoltare o leggere i testi delle grandi opere nate da momenti tragici  permette di comprendere ciò che si provava all’epoca, le condizioni in cui si viveva, o la speranza e la preghiera poste nei confronti dei santi per la fine della guerra o dell’epidemia. O ancora si dava un valore catartico alla musica, sempre per ottenere la pace.

Già nella tragedia greca la musica aveva un valore di redenzione, e ciò non è casuale. Platone ad esempio sosteneva che la musica aveva il potere di elevare la parola a preghiera, mentre in seguito Sant’Agostino la definì come “il miglior regalo di Dio all’umanità”, rimarcando che attraverso di essa fosse possibile la redenzione umana.

L’intercessione della Vergine Maria contro il contagio viene ad esempio invocata nell’anonima medievale gregoriana “Piissima antiphona et oratio contra luem contagiosam” (“Devotissima antifona e preghiera contro la contagiosa peste”), ispirata da un testo consegnato nel 1317 da un viandante cieco, molto simile a San Bartolomeo, alle clarisse del monastero di Santa Clara a Velha (Coimbra), decise a sospendere la clausura e a riparare altrove perchè circondate da appestati. Il personaggio misterioso consegnò loro una carta dicendo “Recitate questa preghiera, la Vergine vi proteggerà”. Da quella nacque l’opera anonima, mentre nel monastero e nei dintorni cessò ogni pericolo di contagio.

La peste che colpì Milano nel 1576-1577 è narrata nel “Pestis Mediolanensis” (1677) di Marc-Antoine Charpentier, dove viene ricordato l’eroismo dimostrato durante l’epidemia da Carlo Borromeo, in prima linea durante la pestilenza. Charpentier ce ne restituisce un quadro duro ma che sottolinea l’importanza, incarnata dal Santo milanese, di praticare, e non solo di predicare, speranza.

L’epidemia di peste del 1630 narrata da Manzoni nei Promessi Sposi è protagonista del “Gloria a sette voci” di Claudio Monteverdi, cantato durante il rito di ringraziamento a Venezia dopo la fine dell’epidemia stessa, che tra l’altro aveva ucciso anche il figlio minore del musicista.

Nella Napoli del 1700, insieme all’opera seria, nacque l’opera buffa, che metteva in scena vicende popolari e scherzose, in dialetto, con musicisti meno importanti e testi meno complessi e molto simili al parlato. L’opera seria relegava ai margini le situazioni comiche, e cioè tra un atto e l’altro: così nacque l’Intermezzo, brevi scene di carattere comico affidate a due personaggi di estrazione popolare, musicalmente semplici, senza pretese di virtuosismo, ma originali e ironiche nei confronti della società contemporanea.

Il più famoso intermezzo è “La serva padrona” di Giovan Battista Pergolesi. Nel 1733, per una pestilenza a Napoli, Pergolesi si trovò a dover scrivere un’opera e  intermezzi con il minimo di cantanti e strumenti disponibili. Così inventò un teatro povero, semplice, rudimentale ed essenziale, dando vita al capolavoro de “La serva padrona”. La ristrettezza dei mezzi disponibili obbligò Pergolesi ad accontentarsi di pochi archi, un cembalo, due cantanti ed un mimo: la pestilenza fu  dunque determinante per il successo della sua nuova concezione teatrale. L’opera è diventata uno dei brani più replicati del Settecento e il mondo della musica non fu più lo stesso: da allora l’opera buffa dominò in tutta Europa, e raggiunse il suo apogeo alla fine del XVIII secolo con Mozart, mentre sempre il musicista viennese prese il sopravvento sull’ormai sterile opera seria con il dramma giocoso, in particolare con il “Don Giovanni”.

Mozart apprese proprio a Napoli gli archetipi, gli schemi, le soluzioni teatrali che lo renderanno un maestro dell’opera buffa, grazie in particolare alle “Nozze di Figaro”.

Dunque con Mozart il teatro d’opera ebbe uno dei suoi momenti più alti, anche se ancora con schemi dell’opera seria o buffa italiana: probabilmente, senza la pestilenza e l’intuizione di Pergolesi non potremmo vedere e ascoltare alcune opere dello stesso Mozart, o di altri grandi artisti come Rossini (“Il barbiere di Siviglia”), così come sono.

Anche in Francia, l’arrivo a Parigi intorno al 1750 di alcune opere buffe italiane scatenò la querelle des bouffons, la polemica tra i sostenitori dell’opera francese e quelli che preferivano i “buffonisti” italiani. Così nacque l’opéra-comique, nuovo genere teatrale borghese e con dialoghi parlati, che avrà grande fortuna per tutto l’Ottocento.

Da “Il paradiso e la Peri” (1843) di Robert Schumann proviene la più sublime espressione in musica e canto di cosa sia l’amore in tempo di epidemia: in uno dei suoi episodi, una donna abbandona il palazzo del padre per raccogliere con un bacio il respiro di un giovane morente di peste e condividerne amorevolmente il destino.

Molti altri potrebbero essere esempi di musiche prodotte in periodi di epidemie e pestilenze, come anche i concerti improvvisati sui balconi l’anno scorso, che esprimono come la musica ci aiuti a gridare forte per esprimere tutta la nostra voglia di essere e di vivere, in un periodo ricco di avverse vicissitudini.

Se invece si analizza la musica ispirata dalle guerre, possiamo pensare alla “Missa in tempore belli” (“Messa al tempo della guerra”) di Joseph Haydn: evocare con i timpani i rumori delle armi nemiche infondeva coraggio e produceva una sorta di effetto scaramantico; ascoltare il rumore armonioso dei rintocchi delle campane invece scongiurava quello vero dei cannoni e ne esauriva gli effetti con l’ascolto.

Dagli esempi portati sin qui, è intuibile come sia proprio del genere umano, dopo un iniziale smarrimento, reagire alle avversità trovando rimedi adeguati. Nel caso dell’attuale pandemia, si è scoperto il vaccino in pochissimi mesi, fornendo i mezzi per evitare almeno le conseguenze più nefaste, riducendo il numero dei morti e delle terapie intensive. Anche nel bel mezzo degli attimi più tragici, la musica ci ha accompagnato, alzando il volume delle cuffie per coprire l’urlo lancinante delle ambulanze. In genere, ciascuno conserva il ricordo di un incontro con una persona cara o di un luogo piacevole, legandolo a una canzone: dopo la pandemia conserveremo nelle orecchie e nel cuore la melodia che ci ha donato tre o quattro minuti di estraniazione da quei decessi, ricoveri, contagiati. Magari è bastato anche solo un ritornello: poche parole catturate da qualche nota!

Claudio Gallo

Ex classicista, ora studente di Economia e Management, amo suonare il pianoforte e ascoltare la musica rock e pop, dagli anni ‘80 ai giorni nostri. Nel tempo libero mi piace uscire con gli amici, giocare a tennis e seguire la mia squadra del cuore, il Toro.



Il Salice

Il “Salice” nasce nel 1985. Negli ultimi sette anni sono stati pubblicati più di 2000 articoli online.


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