La bellezza di costruire

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L’incoerenza è uno dei tratti immutabili della natura umana. E, in quanto componente essenziale, essa si riflette su ogni ambito dell’esistenza, soprattutto sul nostro rapporto con il tempo. Ricerchiamo costantemente la via d’uscita più immediata e perdiamo così la bellezza di osservare l’evoluzione di un progetto. Rincorriamo a tutti i costi la fine, ma siamo legati in modo indissolubile al “sempre”. Un avverbio che dilata il tempo rendendo equidistanti passato e futuro e che ricorre nell’eloquio di anziani, bambini e spesso in quello dei bugiardi. In qualche modo permette di rincuorarci quando a dominare l’animo sono le inquietudini e quelle emozioni spesse volte rimaste inevase.

Costa fatica prendere coscienza dell’attesa che permea l’esistenza, poiché qualsiasi aspetto realmente significativo di questa si costruisce in un esteso arco di tempo. Mai in un solo istante. Perché un ente possa esplicitare al meglio le proprie potenzialità, l’attesa deve necessariamente costituirne una delle peculiarità fondamentali. Tutto intorno a noi sembra, tuttavia, essere indirizzato nel verso opposto. Il binomio di nervoso e impazienza regna sovrano nelle stazioni, nelle code fuori dai negozi, agli sportelli. Anche attività quotidiane come cucinare o allenarsi non ne sono escluse. La prova più evidente a questa constatazione si ottiene, infatti, controllando la cronologia dei dispositivi tecnologici. “Nel minor tempo possibile” è l’espressione più ricorrente, il denominatore comune della maggior parte delle ricerche.        Gli stimoli proposti dalla società sono estremamente rapidi, quasi impercettibili, e ancor di più devono esserlo le risposte fornite. Nell’era di WhatsApp dunque un messaggio non può tardare ad arrivare; ai produttori delle serie Netflix non è consentito impiegare troppi anni per la realizzazione di una seconda stagione; anche il prodotto più becero è gradito alle case discografiche se giunge in un breve tempo ed incontra il gusto popolare. Secondo questa prospettiva l’interesse ultimo di ciascun individuo, in fondo, è il consumo indipendentemente dalla qualità effettiva. Tutto e subito, dunque, ma meglio se subito.

In questo modo l’efficienza compulsiva sedimenta nel nostro animo e si configura come uno dei requisiti fondamentali in qualsiasi contesto. Si finisce così con l’affanno, come dopo una corsa, per poi sprofondare nell’oblio esistenziale. La luce pare pertanto venire meno nell’oscurità di questo futuro incerto. Nell’epoca delle spunte blu e dell’ansia per il visualizzato senza risposta sui social, si perde il valore di costruire con dedizione giorno per giorno. Non a caso Dante giunge alla massima beatitudine soltanto dopo aver faticosamente attraversato i tre regni ultraterreni. Non siamo disposti a sperimentare l’insoddisfazione, la sofferenza, la noia e ciò ci porta a respingere qualsiasi periodo di tempo prolungato. Lo stesso tedio che, al contrario, Leopardi nel suo Zibaldone definisce come il più sublime dei sentimenti umani, in quanto permette all’uomo di acquisire consapevolezza della sua condizione.

In un mondo che si proietta con frenesia verso il futuro, l’attesa ed il ricordo si ergono come monumenti dell’umanità. Per non dimenticare la nostra essenza e sapere sempre ciò che realmente desideriamo.

Martina Carangella



Il Salice

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