Quando le foto parlano

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Che sia stata scattata di sfuggita, all’istante, cogliendo il giusto attimo, oppure preparata con accuratezza e il soggetto definito con precisione, la fotografia è l’elemento di base di ogni media di oggi. Nel tempo infatti sempre di più l’arte di fotografare ha acquistato un valore non solo visivo-descrittivo, ma anche narrativo, soprattutto nell’ambito dell’informazione, in cui l’impatto della fotografia è diventato propriamente giornalistico. Una foto, dunque, può “parlare”, esattamente come fanno i quadri, sia per il contesto in cui è avvenuto lo scatto, sia per il senso della foto, vale a dire il motivo che ha spinto il fotografo a voler scegliere proprio quel soggetto. È esattamente questo pensiero che muove ogni anno i freelance e i fotogiornalisti di tutto il mondo a partecipare al World Press Photo Contest, competizione posta a scegliere la miglior foto con valore giornalistico nell’arco di dodici mesi.

La fondazione no profit di World Press Photo è nata con l’obiettivo di portare il fotogiornalismo di qualità al pubblico, composto anche da non professionisti, che possono così apprezzare e comprendere quest’arte. Le immagini ritratte non sono semplici foto, di quelle che si fanno con il cellulare, ma scelte perché trattano di temi profondi e di rilevanza, molto spesso a livello sociale. Guerre, politica, condizioni di vita sono solo alcuni dei punti racchiusi nelle storie dietro alle fotografie dell’ esposizione. Per questo motivo molto spesso l’effetto che si vuole ottenere da queste fotografie è quello di lasciare segno ai posteri, proprio come per la foto di Charlie Cole raffigurante l’uomo con i carri armati cinesi. Infine la fondazione promuove la libertà di stampa nel mondo, andando a sottolineare il rischio che corrono i fotografi nel documentare ciò che avviene nei paesi vicini e lontani e di cui molto spesso in Occidente dimentichiamo l’esistenza. 

Tra le 60 città nel mondo in cui le fotografie del Contest vengono esposte, Torino ha avuto la possibilità di prendere parte a questo progetto. Dove? L’esposizione si trova in uno dei più importanti palazzi in rococò della città, si tratta di Palazzo Barolo. Non solo quindi il pubblico può apprezzare le fotografie, ma contemporaneamente anche i soffitti decorati con affreschi pittorici settecenteschi. In questo ambiente artistico, dunque, si trovano le fotografie divise in contesti macroregionali e per generi, tra cui si definiscono le vincitrici. 

Tra queste ultime, infine, ve ne sono tre che in particolare colpiscono l’osservatore, allo stesso tempo per la bellezza e il valore che il contesto dà loro.

La foto in copertina della mostra rappresenta una vera e propria denuncia sociale, in cui sia la ragazza sia la fotografa si ribellano alla legge islamica a Teheran durante la protesta iraniana per i diritti delle donne, andando a rischiare entrambe la vita per il loro gesto e diventando il simbolo del Contest.

La foto open format vincitrice del contesto africano, invece, raffigura un bambino che si tuffa in un fiume navigato da barchette in un villaggio ormai abbandonato. Il lavoro del fotografo in questo caso va ben oltre la singola immagine, ma è diventato un vero e proprio insieme di impegno sociale per il recupero della cultura che sta scomparendo in questi paesi dell’Africa.

Per ultima, la vera e propria vincitrice del Contest di World Press Photo, la maternità a Mariupol. Questa fotografia, dal reportage dei bombardamenti sulla città in Ucraina, coglie un attimo forte ma tragico allo stesso tempo: in atto vi è il soccorso di una donna incinta, che avviene nell’insieme degli edifici distrutti, in secondo piano, con un particolare colore rosso centrale che causa un forte impatto visivo oltre a quello emotivo.

A causa però del finale drammatico della storia che sta dietro al soccorso di questa donna, la fondazione ha scelto di non mettere lo scatto sulla copertina dell’esposizione, nel rispetto della morte della donna. Oltre a queste, molte altre foto sono esposte a Palazzo Barolo, ognuna delle quali permettete di riflettere sul mondo di oggi anche solo per un secondo, proprio come ha fatto la redazione, dando anche un forte aspetto formativo alla fine della visita.

  

Edoardo Giuliano



Il Salice

Il “Salice” nasce nel 1985. Negli ultimi sette anni sono stati pubblicati più di 2000 articoli online.


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