Via Fani, sulle orme del sequestro Moro

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Il giorno del rapimento in via Fani

Il primo week end di maggio la redazione del Salice si è spostata a Roma dove ha seguito le tracce del caso Moro per commemorarne l’importanza e approfondire le nozioni che già aveva appreso in sede.

Il rapimento avviene a Roma il 16 marzo 1978: l’uomo politico più influente d’Italia e presidente della DC (Democrazia Cristiana) vive il suo ultimo momento di libertà in via Fani, poco prima delle 10 del mattino, mentre si trova in macchina con la scorta. Tra tutte le persone presenti soltanto Moro rimane in vita, mentre, gli uomini della scorta Oreste Leonardi, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino e Giulio Rivera vengono uccisi da un gruppo di uomini armati facenti parte del gruppo terroristico delle Brigate Rosse. La 130 di Moro e l’Alfa Romeo della scorta vengono raggiunte da quasi cento colpi di mitra e di altre armi da fuoco in quello che si può definire un vero e proprio agguato all’interno di una operazione militare. Fin dall’inizio sembra chiaro che la Br non abbiano potuto operare da sole ma le indagini e i depistaggi successivi hanno fatto sì che resti ancora oggi fitto il mistero su chi ci fosse veramente in Via Fani nel gruppo egli assalitori.

La tragica azione verrà immediatamente rivendicata dalle Brigate Rosse che nel corso della prigionia del leader della DC richiesero in cambio del rilascio di Moro, la scarcerazione di alcuni terroristi

Arrivati nella luogo del sequestro, noi della redazione abbiamo cercato di ambientare le scene drammatiche viste in tv e nelle fotografie dell’epoca. Al numero 19 della via, apparentemente tranquilla e residenziale, c’è la lapide in memoria della strage. Tra i residenti e i frequentatori del bar davanti, quando il pomeriggio è illuminata dal sole, la doppia pietra risalta e fa rivivere il momento con emozione; leggendo l’ultima lettera che Moro aveva dedicato alla famiglia ormai prossimo alla fine, abbiamo potuto cogliere la tragicità di quei momenti. Non a caso al centro, dove è stato utilizzato il materiale più scuro, c’è una linea che spezza a metà la pietra per indicare la frattura che si è aperta nel governo durante il suo sequestro: la prima metà si rifiutava di trattare con i brigatisti, la seconda era favorevole.

Il coronamento del percorso che abbiamo svolto a Valsalice è stato proprio tra via Fani e via Caetani, dove abbiamo potuto immedesimarci meglio nello svolgimento del tragico evento.

Immagine del memoriale della strage in via Fani

Diletta Mosca



Il Salice

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