La paura che unisce
di Emma di Molfetta
Si parte con l’ansia di fare le cose in assenza della propria mamma, al timore di un “no” dopo la richiesta di invitare l’amichetta a fare un pigiama party, alla preoccupazione di dover passare davanti ai più grandi durante l’intervallo nei corridoi della scuola, alla paura di fare scena muta durante l’interrogazione, alla sofferenza di temere il dolore per amore, alla preoccupazione di trasferirsi all’estero per l’università, alla sensazione di incertezza nel non trovare lavoro, di non trovare un compagno con cui sposarsi mentre le persone intorno a coetanee hanno già famiglia, al timore di denunciare violenze e al giudizio delle persone, alla paura di invecchiare e di non vedere crescere i propri nipoti e al terrore che è poi di tutti: la morte.
La parola “paura” indica un sentimento di impotenza che porta turbamento, inquietudine e riguarda qualcosa che appare come incontrollabile, come ad esempio il terrore dell’imprevisto o di una reazione inaspettata che porta allo sconvolgimento. All’interno di un lavoro svolto con gli psicologi della scuola, è stato sottolineato che la paura in sé è sana e fisiologica, poiché permette di preservarsi; ad esempio, se si sale su un grattacielo e si guarda sotto, la paura dovrebbe impedire di buttarsi giù al fine di continuare a vivere. La paura, se sana, porta alla prudenza; se invece estrema, diventa fobia e dunque annienta la ragione, in quel caso è più pericolosa.
Proprio per questo motivo, la paura caratterizza la vita, ovvero un percorso nuovo e imprevedibile, di tutti gli esseri umani, che non sentono di poter controllare a pieno quest’ultima e dunque temono l’avvenire. In questi tempi, più che mai, con il diffondersi dei social e di stili di vita esageratamente perfetti, è cresciuta la paura di non raggiungere gli stessi obiettivi; infatti, non si scende più a patti con la realtà, ma si ambisce a ideali come il successo, dovuto alla quantità di soldi posseduti, il fatto che sia essenziale essere produttivi ogni giorno senza concedersi mai una pausa; diventa persino impensabile l’idea di mangiare ogni tanto un panino del McDonald’s, poiché bisogna seguire una dieta ferrea per avere il fisico di Bella Hadid, e molto altro.
Questi messaggi hanno ingigantito nella società la paura di fallire; in particolare, la questione del cibo ha avuto una pessima influenza, soprattutto nelle ragazze, e ha portato a un aumento drastico dell’anoressia, che letteralmente significa paura del cibo. I social hanno dimostrato anche di essere di aiuto in certi casi; infatti, qualche giorno fa su TikTok è spopolato un video di una ragazza che annunciava con voce tremante che il suo ex- fidanzato, da cui aveva subito violenze e che, dopo anni, era riuscita a denunciare, era scappato per la seconda volta dagli arresti domiciliari, dopo aver esplicitamente annunciato che la prima cosa che avrebbe fatto una volta uscito sarebbe stata quella di ucciderla. Nel video, la ragazza chiede aiuto, supplicando che venga offerto senza la necessità di eventi estremi, come quello che ha coinvolto Giulia Cecchettin un anno prima. Grazie alla vasta popolarità del video, le forze dell’ordine si sono rese conto della gravità della situazione e, dopo qualche giorno, il ragazzo è stato arrestato nuovamente nel suo paese di origine, l’Albania, dove era fuggito.
Riguardo a questa tematica, si è creata un’azione solidale di supporto verso tutti coloro che subiscono violenze e hanno paura di denunciare, e al contrario di ciò che è detto da Bauman nel testo “Paura liquida”, in cui afferma che è difficile vedere una foresta invece che i singoli alberi, visto che l’uomo si oppone individualmente alla paura, la società si è dimostrata l’opposto. Se nella vita “reale” le paure vengono interpretate in base all’età, alla condizione sociale, al genere e dal luogo in cui si vive, sui social si è più oggettivi, più diretti e solidali, visto che il contorno sociale è mascherato.