La seconda guerra mondiale in 50 perché

di Marco Magliano e Matteo Sacchero
La redazione del Salice venerdì 16 maggio si è recata al Salone del Libro di Torino ha assistito a svariate conferenze. Noi, in particolare, abbiamo partecipato a un incontro intitolato “La seconda guerra mondiale in 50 perché” condotto da Pietro Iacopo Benzi e Francesco Furesi durante il quale quest’ultimo ha intervistato l’autore del libro Benzi, nonché suo collaboratore nel canale mediatico e divulgativo “La storia sul tubo” che ha reso celebri i due: infatti nell’agosto 2024 la casa editrice Rizzoli ha contattato Iacopo per la scrittura del libro che ha dato il titolo alla conferenza.
Benzi esordisce comunicando la passione per la storia e il desiderio di una sua divulgazione attraverso una resa appetibile, chiara e diretta, cercando di trasmettere comunque un quadro complessivo senza tralasciare gli episodi che all’apparenza sembrano marginali.
Furesi esprime il proprio parere riguardo alle parti che lo hanno interessato maggiormente e cita episodi bellici o situazioni geopolitiche che sono rinomate unicamente per la loro trascurabilità, anche da parte di una ricca fetta di storici come capitoli dedicati a Iraq, India e Jugoslavia; a tal proposito Benzi afferma che se è vero che non può esistere la seconda guerra mondiale senza lo sbarco in Normandia o l’invasione della Polonia, è altrettanto evidente che sono determinati anche gli avvenimenti più infinitesimali, i quali nel ventaglio globale della guerra offrono piccole risposte a quei rilevanti perché che vanno a costituire il libro e una coscienza reale sulla Seconda Guerra Mondiale.
L’autore sostiene che non ci sia un “perchè” più importante degli altri, tuttavia che ognuno ha un valore: un perchè, riportato nello scritto, molto caro all’autore tanto da definirlo il suo capitolo più amato è quello che tratta dell’assedio di Leningrado: l’assedio più lungo della storia recente che conta un numero esorbitante di morti; nel corso del capitolo l’autore narra la storia di una ragazza di nome Tanya che riporta su un diario le sue memorie, partendo dall’essere circondata da molti parenti e finendo per vivere completamente sola. Così trasmette un forte messaggio: della guerra vengono continuamente creati statistiche e grafici sui morti, ma in ogni millimetro di quelli batte ancora il cuore di una persona che lì, ha perso la vita.
Prosegue il colloquio con uno sguardo sull’impronta ideologica che l’autore ha mantenuto durante la produzione: Benzi ritiene che la storia vada raccontata come tale, privata di influenze che chi la racconta tende a trasmettere, per quanto questo sia possibile.