Buon compleanno cara vecchia radio
Così iniziavano le trasmissioni radiofoniche italiane, sulla frequenza 705 kHz, in un’epoca dove l’intrattenimento e le notizie arrivavano solo da giornali, lettere oppure collegamenti via telefono (L’ Araldo Telefonico, operativo dal 1909), un messaggio solenne tra i mille fruscii e distorsioni delle onde medie.
La società URI era nata solo qualche mese prima , e non ci si immaginava affatto che un giorno la voce sarebbe entrata nelle case degli italiani senza fili, ma già a questo punto occorre precisare un dettaglio mancante: esiste un altro annuncio inaugurale, che fu creduto ufficiale, quello della nota dicitrice Maria Luisa Boncompagni, che la stessa sera pronunciò: “Unione Radiofonica Italiana, stazione di Roma Uno, trasmissione del concerto inaugurale”.
Nonostante la disputa, la serata pionieristica proseguì con musica e quello che può essere chiamato il primo giornale radio, letto da Ines Viviani Donarelli, il quale comprendeva anche la Borsa, per chiudersi alle 22:30 per “far riposare le esauste valvole”.
Negli anni Venti la popolarità cresce con il settimanale “RadiOrario” e con l’inaugurazione dei trasmettitori di Milano, Napoli, Roma 2, Torino (1929) e Bolzano, che diffusero il segnale in tutta Italia, malgrado l’elevato costo degli apparecchi, che alla fine del decennio erano poco più di 30 000.
Arrivano gli anni Trenta, con molte novità per gli utenti, ad iniziare dal nome della società, che adesso si chiama EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche), alle prime pubblicità, all’invenzione della radiocronaca di calcio (1931) e di guerra (1936), e ai molti discorsi di Mussolini che vengono trasmessi in diretta anche nelle maggiori piazze delle città attraverso megafoni installati sul tetto dei palazzi circostanti.
Un suono caratteristico dell’epoca , oltre all’annunciatrice che dava il segnale orario, era anche il cosiddetto “Uccellino della radio“, un macchinario che produceva toni di frequenza alta , usato durante gli intervalli di trasmissioni, assimilabili ai cinguettii di un uccellino.
Gli spettatori iniziano ad affacciarsi anche alle radio estere, come Radio Londra, ricevibili nelle ore notturne, e a deviare dalla propaganda fascista negli anni della guerra, per poi arrivare nel decennio successivo in quella che viene detta “epoca d’oro della radio“.
Nel 1944 l’azienda cambia nome in RAI (Radio Audizioni Italiane, dal 1954 Radiotelevisione Italiana), e tutto riparte dall’auditorium di Via Rossini e dagli studi di Via Verdi a Torino, dove si avvicinano al microfono volti come Piero Angela, Mike Bongiorno e Corrado (che qualche anno prima annunciò la fine della guerra). Nel 1950 si passa a tre programmi ben distinti tra loro (Nazionale, Secondo e Terzo trasmesso in FM, nato nel 1958), oltre alle onde medie adesso si trasmette anche su onde corte (2 trasmettitori), e dal 1951 in onde lunghe con il nuovissimo trasmettitore di Caltanissetta.
I programmi sono diversificati ma restano in onda gli spettacoli, i tre GR e, per chi restava sveglio oltre la fine delle trasmissioni con l’inno di Mameli, era possibile sintonizzarsi su Radio Roma (846kHz, trasmetteva da Roma 2, oppure su 6060 kHz in Onde Corte da Roma 1) e ascoltare, fino alle 6 di mattina, Il “Notturno dall’Italia“, trasmissione plurilingue per far scoprire la cultura italiana.
La radio pubblica italiana rimane sempre accesa all’ombra della neonata televisione (1954), e , consolidata la sua struttura, continua il cammino anche quando le valvole lasciano posto ai transistor e quando, nel 1975, si liberalizzano le frequenze lasciando spazio a quelle emittenti che venivano chiamate “radio libere”.
Siamo negli anni Ottanta e la radio sperimenta la trasmissione stereofonica, Radio Rai lancia nel 1982 Rai StereoUno, Rai StereoDue e Rai StereoNotte, che continueranno la carriera fino al 1991, quando anche Radio 1 , Radio 2 e Radio 3 diventeranno in stereo.
La tradizione continua, con il servizio di filodiffusione ancora attivo dal 1909, che comprende ora 5 canali (il quinto e il sesto sono accorpati per trasmettere Radio 1 in stereo).
Dagli ultimi anni Novanta fino al 2010 iniziano i “tagli alla rete” di RaiWay: vengono spente le Onde Corte nel 2007, lo storico trasmettitore di Caltanissetta cessa le trasmissioni di Radio 1 in onde lunghe nel 2004 e vengono decimate le frequenze in AM a partire dal 1999, ma sopravvive il primo canale, attivo in Sicilia e nel Sud fino al 2012, parallelamente allo switch-off del segnale analogico televisivo.
Le applicazioni per lo streaming di musica non fermano la vecchia radio, che fa il suo ingresso in rete già nella seconda metà degli anni Novanta, subendo un restyling dei siti nei Duemila e creando tanti canali di ascolto riservati esclusivamente ad Internet come Rai Radio Tuttaitaliana, e nel 2015 si assiste allo sbarco di Radio Rai anche sull’innovativa DAB (Digital Audio Band), che permette di avere un suono molto più pulito dell’analoga in FM.
Negli ultimi anni Radio Rai ammoderna i suoi programmi in TV, con una serie dedicata di canali a disposizione (dal 701 del DTT), e nel 2016 il sito Rai.tv diventa la piattaforma RaiPlay, disponibile per tutti i modelli di cellulari e per Smart TV, un grande passo per RadioRai, che vede crescere il suo pubblico da un giorno all’altro.
Radio Rai oggi è un colosso dell’informazione anche nei media, e , oltre ai canali in italiano, possiede anche una stazione in lingua tedesca (Rai Radio Südtirol, attiva dal 1966), una in sloveno (Rai Radio Trst A, attiva dal 1944).
L’11 settembre 2022, però, è accaduto un avvenimento che è stato fatto passare in sordina anche dalla stessa Rai, ma che ha spezzato il cuore di molti appassionati : l’ultimo baluardo dell’azienda in AM, Radio 1 , si spegne per sempre sulla frequenza 999 kHz dal trasmettitore di Volpiano, lasciando scoperta una banda che era stata la culla della radio pubblica italiana.
Oggi questa incredibile storia compie 100 anni, una radio in continua evoluzione, che ha cambiato forma, espressione, identità, frequenze, ma che è ancora in grado di mantenere la sua originalità, semplicità e capillarità come mezzo di informazione.
Buon centesimo anniversario, cara vecchia Radio.
“Amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case e ci parla direttamente, e se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace anche di più perché libera la mente”, come diceva Eugenio Finardi in “La Radio”, già nel 1977.