Jake Hanrahan
di Emanuele Ghiotto e Vittorio Brovero
Oggi al salone del libro abbiamo assistito alla presentazione dell’ultimo libro di Jake Hanrahan, giornalista e documentarista britannico 34enne, Gargoyle. Il titolo di questo libro è stato scelto personalmente da Jake perché l’autore vuole raccontare le cose brutte, di cui nessuno tende a parlare, proprio come un Gargoyle, creatura mitica presente in quasi ogni chiesa gotica.
Iniziamo a presentare Jake, nato nelle East Midlands nel 1990, fin da piccolo ossessionato da fatti oscuri. Si occupa prevalentemente di conflitti, criminalità organizzata e controcultura ed è noto per l’approccio grezzo al mestiere, con cui ottiene accesso diretto a contesti difficili per raccontarli dall’interno. Nel corso della sua carriera ha lavorato in Siria, Iraq, Ucraina, Palestina e Kurdistan, regione che si trova tra la Turchia, l’Iraq, l’Iran e la Siria Jake è inoltre il fondatore della media company indipendente Popular Front, progetto di culto che ha riscritto le regole del giornalismo di conflitto e che porta notizie a coloro che non seguono le notizie. Jake è inoltre avverso al giornalismo industriale, che trova corrotto dall elites e troppo serio.
Jake ha iniziato a raccontarci alcune delle esperienze che ha vissuto, raccontate nel suo libro. Queste pagine sono il frutto del suo lavoro negli ultimi 8 anni, in cui ha incontrato narcotrafficanti, trafficanti d’armi, trafficanti d’arte, terroristi neonazisti, miliziani curdi, membri dell’ISIS e armi stampate in 3D. Jake ci ha parlato inoltre del suo arresto di 10 giorni in Turchia, all’inizio della sua carriera di giornalista, avvenuta durante le riprese di un suo documentario per via di accuse di terrorismo; il giornalista dice tuttavia che stare in una prigione con le mura ricoperta di sangue e ospitante terroristi è stata un’esperienza di crescita personale.
Il libro è una raccolta di reportage che documentano i suoi viaggi in mondi tanto pericoli quanto bizzarri e interessanti. Lo scrittore ci ha poi parlato dell’industria delle armi 3D, pratica diffusa poco un decennio fa ma di uso in tutto il mondo al giorno d’oggi.
Jake ci ha poi parlato di un altro modo per la diffusione delle notizie, cioè i documentari. Ci ha introdotto la sua serie Untold Stories che conta più di 100 episodi, a partire dalle favelas brasiliane sotto il controllo dei narcotrafficanti che, a differenza di quello che si potrebbe pensare, investono i soldi derivanti dalla droga per evitare che le nuove generazioni seguano i signori della droga. Nei suoi documentari, oltre a indagare misteri e intrufolarsi in culti misteriosi Jake parla anche di stereotipi, come quello di un ragazzo scozzese andato al fronte per la prima volta.
Un altro tipo di traffico di cui il 34enne si occupa è quello dell’arte, Jake ha infatti conosciuto un trafficante d’arte residente a Milano. Questo trafficante ha ammesso di aver avuto a che fare con 100 milioni di euro in arte. Ad Hanrahan piace il suo lavoro per incontri come quello con il trafficante che descrive come ”super intresting and chill guy” che ha finito per lavorare come informatore per la polizia.
Il giornalista ci ha descritto anche le differenze tra giornalismo sul campo e online, affermando che il giornalismo sul campo nel suo caso era l’unico metodo per trovare le informazioni che erano necessarie e che, parlando di quest’ultimo, il compito più difficile a volte è proteggere le persone di cui parla.
Hanrahan ha chiuso l’incontro dicendo che la parte più soddisfacente del suo lavoro è collegare tutto e finalmente poter dire “We got them” e presentando il suo nuovo documentario che conterrà “borderline legal stuff”.