Svelando le Paure dell’Umanità

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Sabato 9 marzo ha debuttato a Torino presso lo spazio “Pappagalli in Trappola” in anteprima nazionale “Le Paure di Maupassant” di e con Alessandro Persichella, scrittore ed attore promettente del panorama teatrale italiano che gentilmente al termine della performance ha risposto ad alcune domande.

 

Qual è stata l’ispirazione dietro il progetto “Le Paure di Maupassant”?

Il progetto nasce dopo un’esigenza prettamente attoriale; cercavo una forma poetica alta che mi rappresentasse, sia a livello tecnico vocale e sia a livello drammaturgico. La ricerca ha avuto inizio nel 2022. Ho esplorato diverse situazioni, anche confrontandomi con quello che il panorama nazionale teatrale offre e ho deciso di andare un poco contro al sistema, producendo un prodotto non accessibile a tutti. Sono consapevole di portare in scena uno spettacolo con un linguaggio molto ostico, aleatorio, “non comune”, ma credo che, al tempo stesso, lo spettatore può immergersi in una situazione fuori dai canoni, e rimanerne affascinato per la sua totale follia.

Cosa ti ha spinto a esplorare il concetto di paura e il suo impatto sulla società umana?

Non si è mai certi che un “prodotto” possa interessare o piacere. Questo pensiero genera paure costanti provocate dal sistema stesso; siamo bombardati da messaggi di terrore, brevi spot propagandistici dove tutto va nel senso opposto, azionando enormi complessi sulla nostra personalità ed identità. Nasce un quesito fondamentale: “ma io, chi sono?”. Tanti, ad oggi, non sanno più riconoscersi. Si è totalmente proiettati nel passato, nell’errore, che la possibilità di vedere un futuro più roseo è davvero distante, quasi un sogno. Il messaggio che voglio trasmettere riflette proprio sulle decisioni che ognuno di noi deve saper prendere, anche con una certa posizione, senza lasciarsi trascinare dalla velocizzazione mediatica.

Come hai scelto di combinare le opere di Guy de Maupassant, Paul Lafargue, Leopardi e Marinetti? Quali sono i temi comuni che hai trovato tra queste influenze letterarie?

La vera drammaturgia parte da Guy de Maupassant, ispirandosi a tre suoi racconti: La veglia, La paura, La Signora Hermet. Ho voluto che questi pensieri fossero proprio i ricordi del personaggio, il quale si trova a combattere con la nuova società robotica e per resistere al sistema, senza essere contaminato, è obbligato a mantenere vivo il ricordo umano. I temi in comune sono il progresso, la fine della natura, e l’annullamento dell’uomo sul posto di lavoro. E qui, mi riferisco al linguaggio espresso: i “rumori” che si percepiscono, alle volte incomprensibili (come talvolta lo è la paura medesima) prendono vita proprio dalla natura di Leopardi, giungendo leggera e pungente; i suoni onomatopeici e le voci fuori campo, sono semplicemente i pensieri di Lafargue e di Marinetti, che si mischiano con soliloqui del personaggio affinché si possa creare il senso del messaggio.

Quali sono le principali paure che il protagonista affronta e come queste paure si collegano alla società contemporanea?

Il personaggio affronta diverse paure che fanno parte del suo vissuto. La paura di invecchiare e non essere apprezzati, la paura del rumore e la paura di affrontare qualcosa che non si conosce. Questi sono temi approfonditi dal poeta Maupassant e continuano a restare vivi anche nella nostra società attuale.

Puoi parlare dell’importanza del fallimento e degli errori nel processo umano? Qual è il ruolo di queste esperienze nella crescita e nell’apprendimento dell’individuo?
 
“Non si ha veramente paura se non di ciò che non si capisce!”. E’ questo il vero significato dell’opera. Il tempo scorre, ma noi umani restiamo tali, fatti di fragilità e di quelle paure che si fanno presenti per essere comprese e ponderate nella crescita spirituale. Soltanto un NON uomo potrebbe davvero andare oltre. E’ questa la direzione che si vuole prendere? Cedersi al grande capitalismo che investe e comanda i più piccoli? Spero tanto che in futuro davvero troppo distante, distopico, come quello del protagonista, non si arrivi ad abbandonare questa lotta “alla paura”.

 
Come hai immaginato la performance e quali sono le sfide tecniche e creative che hai dovuto affrontare per portare il testo sulla scena?

La performance inizia con l’intenzione di gestire tutto in autonomia. Dopo aver partecipato con il progetto nel 2023 al Festival Hors, sono nate ulteriori suggestioni sulla gestione della scena. Ho deciso di andare a fondo ed è nato lo spettacolo. Il protagonista è dentro ad un ciclo, dove deve costantemente ricordare e, per fare questo, si serve di proiezioni, microfoni, tracce audio e luci. Il collasso dell’attore stesso e del sistema operativo della macchina teatrale può avvenire da un momento all’altro. Forse non è possibile tollerare errori, o forse, grazie a questi errori, il risultato sarà molto più convincente.

Quali sono i tuoi prossimi progetti o idee in cui stai lavorando? Hai intenzione di esplorare ulteriormente il tema della paura o di altri concetti simili nei tuoi futuri lavori?

Attualmente sono in tournée con lo spettacolo (I Porci), il quale vanta la bellezza di cinque premi nazionali. E’ un progetto creato da me, Simone Miglietta e Manuel Di Martino. Il tema della paura non vorrei più trattarlo, ma, come ho ben detto, si palesa costantemente ogni giorno e bisogna affrontarlo. Il prossimo spettacolo a cui sto lavorando è (Diavolo in Corpo) ispirato al Romanzo di Raymond Radiguet, non ancora rappresentato in Italia. Sarà diretto da me e in scena ci saranno Elisa Gandolfi e me medesimo. Il debutto è previsto l’ 8 e 9 Giugno 2024, sempre presso Pappagalli in Trappola.

Jacopo Covolan



Il Salice

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