“La mensa dei poveri”, c’è molto di più
“Alla fine cerchiamo di dare aiuti personalizzati e mirati oltre che i classici pasta e pelati”. Sono queste le parole con cui Alexandra Chindris, anima e cuore del sevizio offerto dalla mensa del Sacro Cuore di Gesù, ha concluso la sua intervista ad alcuni ragazzi dell’MGS di Valsalice.
La mensa, oggi gestita dall’Associazione del Sacro Cuore di Gesù, nasce nel 1910 grazie alle “Figlie della Carità” per accogliere un ristretto numero di persone. Ora, dopo più di 100 anni di storia, questa associazione va in aiuto a più di 450 persone, giornalmente, tra famiglie e singoli.
Un vanto notevole per la mensa e pressochè unico nel panorama torinese è che dal giorno dell’apertura, a inizio Novecento, non ha mai chiuso.
Ad esempio, durante il periodo di lockdown dovuto all’emergenza sanitaria da Covid-19 quando le altre due mense operanti sul territorio torinese si sono fermate, l’associazione del Sacro Cuore si è trovata a dover andare in aiuto a più di 1000 persone con un irrisorio numero di volontari. A causa della chiusura degli altri due enti hanno dovuto donare, oltre ai classici prodotti alimentari, kit per l’igiene personale, vestiario, detersivi, prodotti per il bagno e per la cura della casa, cercando di personalizzare ogni singola donazione in base alle necessità del singolo o della famiglia.
“Durante il Covid molti si sono sensibilizzati, ma solo a livello alimentare, ed è paradossale che durante un’emergenza sanitaria mancassero prodotti per l’igiene personale”
Non potendo accogliere tutti coloro che vengono a chiedere aiuto, a causa delle risorse limitate, l’associazione è costretta a compiere una selezione tramite criteri molto precisi.
Inizialmente vengono accolti tutti coloro che si presentano alla loro porta per la prima volta, per poi essere chiamati a fare un colloquio conoscitivo con Alexandra, così che la mensa riesca a capire le reali necessità e difficoltà dell’interessato, e poiché “le persone sono tali, non sono il problema che hanno”, si mira a creare una progettualità a livello lavorativo proponendo una serie di tirocini o corsi di formazione.
Durante le collette alimentari o le donazioni da parte di enti specifici il quantitativo di prodotti alimentari è sempre molto elevato ma pochi prendono in considerazione le altre eventuali necessità di queste persone.
Dai sacchi della spazzatura agli assorbenti, tutti i prodotti di igiene personale e cura della casa non sono quasi mai oggetto di raccolta da parte dei donatori. Alexandra, infatti, ha espressamente dichiarato che l’associazione deve procurarsi questa tipologia di prodotti tramite i propri fondi perché pochissime persone riconoscono queste necessità da parte delle famiglie.
“Alle persone manca l’umanità di dire che errare è umano, come lo è perseverare, ed io lo vedo tutti i giorni. Vedere che molto spesso per un singolo errore fatto nella vita si viene praticamente estromessi dalla società, fa male”.
Alexandra, sul punto di commuoversi, è stata molto chiara sul fatto che le realtà che le si presentano quotidianamente non sono facili da gestire: “Ci vorrebbe lo psicologo un giorno si e uno no”, ci ha detto.
Sicuramente essere a contatto con queste persone e queste situazioni è estremamente frustrante ma, guardando alla propria vita, il senso di riconoscenza e gratitudine nei confronti dei propri genitori e della fortuna che si ha avuto a nascere dove si è nati è infinto.
Alexandra ci ha inoltre detto che i ragazzi disposti a dare una mano non sono molti perché “il fattore tempo incide molto” ma durante la pandemia sono stati una presenza più che necessaria poiché gli altri volontari, la cui maggioranza era considerata parte della “fascia protetta”, ha dovuto lasciare il servizio.
Alexandra ha con fierezza infatti affermato che molti giovani, dai 15 ai 25 anni, provenienti da molteplici oratori hanno compiuto anche turni molto pesanti, dalle 9 del mattino alle 21 di sera, per consegnare il maggior numero di “aiuti a domicilio”.
Il problema odierno infatti, secondo lei, non sono i ragazzi che non sono particolarmente disposti ad aiutare il prossimo, vista la loro attiva partecipazione nel momento del bisogno, ma è la sensibilità degli adulti.
“È molto difficile far capire agli adulti che i loro problemi non sono gli unici esistenti, perché ci facciamo continuamente sopraffare e ci chiudiamo nel nostro microcosmo. Se capissimo che i nostri problemi non sono così gravi riusciremmo a donarci agli altri. Riusciremmo a donare un pezzo di noi.”