L’importanza dei confini

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di Elisa Cecconi

I conflitti e i dibattiti degli ultimi anni ci hanno condotto a riflettere sul concetto di “confine” e di “frontiera” e sulle evidenti conseguenze generate dal mancato rispetto di essi.

Il termine “confine” deriva dal latino “finis”, che significa “limite”: indica infatti un limite stabilito nel tentativo di garantire un certo equilibrio e una convivenza pacifica. Si può trattare di confini in diversi ambiti, tra cui quello personale e quello geo-politico.

Nel primo ambito, si stabiliscono confini per indicare i limiti tra la propria libertà e quella altrui. Una frase usata spesso per rendere questo concetto è “la mia libertà finisce quando inizia la tua”, e da ciò di deduce che oltrepassare il confine comporta la limitazione o la privazione della libertà altrui. Di solito, la mancanza di rispetto dei confini interpersonali si configura come privazione dei diritti o degli spazi personali di un individuo, dunque assume la forma di veri e propri reati o semplicemente di atti sgraditi che potrebbero comportare liti, ostilità e conflitti. La violazione dei confini personali può essere commessa da un individuo tanto quanto da un’istituzione statale, come suggeriscono alcuni tra gli ultimi avvenimenti di cronaca: a settembre e ottobre del 2022, sono documentati decine di casi di violenze e omicidi commessi dalla polizia in Iran a danno di donne. Se si pensa ai fatti della storia, vengono in mente innumerevoli episodi di violenze e reati sui cittadini da parte dello Stato. È altrettanto vero che nessuno di questi episodi è avvenuto in assenza di successivi problemi o, spesso, di conseguenze violente. Da ciò si potrebbe dedurre che il rispetto dei confini individuali costituisce una virtù fondamentale per garantire la pace, l’assenza di conflitti interpersonali e delle conseguenze talvolta estremamente gravi.  

Anche l’epica classica sembra proporre questa tesi: esisteva la ferma convinzione che il superamento dei limiti (in questo caso posti dagli dei) costituisse la rovina di colui che avesse commesso questo atto, suscitando la ϕθόνος τῶν θεῶν, l’invidia e poi ira divina. Dunque, era virtù rispettare i confini assegnati. Ciò potrebbe essere interpretato sia in chiave politica e geografica, sia in chiave etica.

La stessa tesi ha numerosi punti di coincidenza con la dottrina cristiana, il cui fondamento è l’amore per il prossimo da cui consegue il dovere di rispettarlo; tuttavia, esistono certamente altri punti di vista sul concetto di confine e libertà personale. Ad esempio, il politico e letterato rinascimentale Niccolò Machiavelli sostiene che “l’uomo non è se non vulgo”, ovvero contiene per natura una malvagità intrinseca che lo rende incapace di anteporre il bene altrui e il bene comune al proprio: perciò, a causa di questa naturale incapacità di rispettare i confini interpersonali, il “principe” è autorizzato a limitare la libertà dei cittadini ogni volta in cui ce ne sia bisogno, al fine di conservare l’integrità dello Stato, unico elemento in grado di contenere la bestialità degli uomini. 

Essendo le nazioni insiemi di individui, si potrebbe formulare un discorso analogo, con l’eccezione che il presente o mancato rispetto delle frontiere, i confini territoriali, comporta conseguenze più a larga scala rispetto a quando si tratta di singoli individui. Il superamento dei confini tra le nazioni ha due significati. Il primo è l’immigrazione o semplicemente la permanenza temporanea in uno Stato diverso dalla propria patria. Solitamente questa azione non ha alcun elemento negativo, in quanto non si sta mettendo in discussione la verità di nessuno. Anzi, spesso è colui che varca il confine a vedere la propria libertà minata da razzismo, atti discriminatori o semplicemente da un ambiente inospitale nei confronti dello “straniero”.

Il secondo significato dei confini territoriali, al contrario, non può non essere violento: si tratta dell’invasione di uno Stato da parte di un altro. Trattando di ciò, tornano due importanti tematiche machiavelliane: l’”esperienza delle cose antique”, ovvero l’analisi e la riflessione degli avvenimenti della storia dell’uomo, e la “realtà effettuale”, ossia l’insieme degli elementi della realtà attuale. Dall’“esperienza delle cose antique” deduciamo che nella storia non sono mai mancate velleità espansionistiche da parte di uno o più Stati. Della “realtà effettuale”, un elemento ci fa comprendere che ancora oggi non si spegne il desiderio di ampliare i confini da parte di qualche nazione: l’esempio più evidente di ciò è il tentativo di invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Riflettendo su questo, può sembrare fondata l’affermazione di Machiavelli che la storia si ripete poiché la natura dell’uomo non varia con il tempo. Il mancato rispetto delle frontiere è certamente un problema che riguarda la collettività, poiché viene meno la libertà dei cittadini dello Stato invaso, come è facilmente comprensibile dalle notizie che giungono dal fronte di guerra ucraino. 

 

Di conseguenza, si nota che anteporre le proprie velleità al rispetto dei confini genera sempre e inevitabilmente conflitti: perciò sembra sensato dare ascolto al suggerimento del Papa, simbolo della Chiesa moderna, di impegnarsi a rispettare i confini al fine di garantire una convivenza pacifica all’interno della società e del mondo. Attualmente, non si sa se questo impegno collettivo riuscirà a prevalere oppure se, come sosteneva Machiavelli, la storia continuerà inevitabilmente a ripetersi.     

 

 

Redazione



Il Salice

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