Solidarietà e condivisione
di Filippo Montuoro
Dovendo dare una definizione molto grossolana di solidarietà si potrebbe dire che la solidarietà è veramente un legame che ci deve obbligare in maniera solida.
Infatti il termine solidarietà viene da solidale, una parola di origine latina che vuol dire “obbligato”. Essere solidale quindi vuol dire essere obbligato, essere legato a qualcuno o qualcosa in modo solido.
Pertanto la solidarietà non può esaurirsi ad esempio nel mandare, per esempio, un sms per le vittime di un’alluvione; ciò non è sbagliato, ma non è abbastanza per essere considerati solidali. La solidarietà non consiste tanto nel fare qualcosa, ma piuttosto nell’essere in un certo modo, ovvero nel sentire che la vita dell’altro, del nostro simile
è altrettanto importante. La condivisione invece è lo strumento fondamentale attraverso il quale gli esseri
umani possono evolversi, apprendere, scoprire e dare significato alle cose, aiutandosi e collaborando l’uno con l’altro.
Partendo da queste due definizioni possiamo dire che questi due valori non sono stati, nei secoli, sempre considerati in questo modo.
In antichità queste due virtù erano spesso fondamentali ma, a un certo punto, l’avvento di alcuni fatti storici hanno fatto sì che essi non hanno avuto più lo stesso peso e la stessa importanza per l’uomo.
Ad esempio sappiamo che nel Medioevo le comunità di villaggio erano veri e propri villaggi composti da famiglie che vivevano seguendo il valore della condivisione. Queste infatti mettevano il bene della comunità al primo posto, praticavano la raccolta, la semina, la potatura insieme, aiutandosi l’uno con l’altro in caso anche di
difficoltà.
Secoli dopo invece l’avvento della rivoluzione industriale crea profondi cambiamenti nella società favorendo l’urbanizzazione cioè la migrazione della popolazione dalle campagne alle città; questo fenomeno determina la riduzione se non la scomparsa, in alcuni casi, di tali comunità e quindi indirettamente il venir meno dei valori della
solidarietà e della condivisione, per esse fondanti, e al prevalere di atteggiamenti di competitività e individualismo.
Oggigiorno infatti la solidarietà non è percepita come un principio guida della nostra società infatti se da un lato prevalgono soprattutto atteggiamenti di tipo egoistico dall’altro spesso tendiamo a essere solidali solo con persone all’interno del nostro gruppo di riferimento.
Il nostro stile di vita ci impone di correre dalla mattina alla sera senza farci troppe domande. Siamo sempre occupati a vivere la nostra vita che spesso neanche notiamo chi abbiamo accanto e quindi non siamo capaci di cogliere la ricchezza che può esserci in un incontro. La solidarietà invece si basa soprattutto di relazioni autentiche.
Potremmo quindi dire che la solidarietà non consiste nel fare qualcosa, ma nell’essere in un certo modo, ovvero nel sentire che la vita dell’altro, del mio simile, è importante.
Questo approccio spesso lo vediamo solo nei momenti di difficoltà, infatti la popolazione, in queste situazioni, tende a stare più unita; lo ritroviamo, ad esempio, in situazioni come alluvioni, guerre, terremoti.
Una crisi però come quella pandemica che affrontiamo oggi o altre che potremmo trovarci ad affrontare in un prossimo futuro ad esempio crisi climatiche, economiche richiedono un differente approccio da quello avuto fino ad ora. In un mondo globalizzato come quello attuale un valore che dovremmo cercare di globalizzare è
proprio la solidarietà.
Non possiamo più permetterci di ignorare ancora a lungo il fatto che siamo tutti sulla stessa barca, e che se questa deve affondare, saranno in pochi a salvarsi e ad uscirne vincitori.
Per evitare ciò dobbiamo iniziare a considerare che il nostro gruppo di riferimento non si dovrebbe limitare solo più a coloro che condividono il nostro sangue, la nostra lingua, il colore della nostra pelle o le nostre scelte politiche, bensì dovrebbe inglobare tutti coloro che condividono la nostra stessa condizione di essere umani.