L’ecatombe delle api

api

Esistono oltre 16.000 specie di api conosciute, raggruppabili in sette grandi famiglie, che si trovano in tutto il globo fuorché l’Antartide.

La maggior parte delle specie si è evoluta insieme ai fiori, in modo tale da rendere più semplice l’impollinazione, che consiste nel trasferimento del polline dalla parte maschile del fiore a quella femminile, per permetterne la riproduzione.

Questi piccoli animaletti, che nella quotidianità passano quasi inosservati, sono molto più importanti di quanto non si pensi: grazie al loro lavoro di trasferimento del polline da una pianta all’altra, infatti, sono responsabili di un terzo degli alimenti che consumiamo ogni giorno e incidono per il 75% sulla produttività delle nostre principali colture agricole.

Negli ultimi anni, però, la loro sopravvivenza è in serio pericolo. Cosa succederebbe veramente se tutte le api scomparissero dalla faccia della terra? Questa realtà ipotetica non è da vedere come una prospettiva lontana, proprio perché esistono molti dati che fotografano quanto sta accadendo: negli ultimi decenni le popolazioni delle circa 350 specie a rischio sono diminuite del 25%. 

A causa dello scombussolamento dell’ecosistema in cui vivono, che impatta su tutte le specie che si nutrono di loro o che sfruttano il loro lavoro, in primis la produzione del miele, la loro scomparsa sarebbe catastrofica anche per l’uomo.

Questa sparizione avrebbe effetti devastanti: il lavoro di impollinazione di questi piccoli insetti, che ovviamente loro svolgono gratuitamente, dovrebbe essere rimpiazzato da sistemi artificiali, con un costo stimato all’incirca in 265 miliardi di euro all’anno. Come ovvio, le api non sono gli unici insetti impollinatori esistenti, ma il loro lavoro estensivo e instancabile non è paragonabile a quello di qualsiasi altra specie o all’azione sovrapponibile del vento.

Oltre a questo enorme danno economico, sarebbe a rischio anche la stessa sopravvivenza dell’uomo sulla terra: infatti, secondo diverse ipotesi, alcune postulate anche da Albert Einstein, l’uomo non potrebbe sopravvivere sul nostro pianeta per più di quattro anni. O, qualora ciò non si verificasse, la vita come noi la conosciamo ora non sarebbe più la stessa.

In questo momento i pericoli che minacciano la sopravvivenza di questi piccoli insetti, tanto temuti per il loro pungiglione che, se e quando viene utilizzato contro qualcuno provoca un intenso dolore, sono innumerevoli. Dai pesticidi artificiali, usati in maniera eccessiva, al cambiamento climatico, che negli ultimi anni sta portando notevoli peggioramenti alla situazione atmosferica, alla progressiva crescita di urbanizzazione e cementificazione.

Tutti questi problemi sono noti e stiamo assistendo, in ritardo, alla messa in campo di azioni virtuose per tentare di arginare il fenomeno, ad esempio il tentativo da parte dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare di bandire tutti i pesticidi neonicotinoidi, che agiscono sul sistema nervoso centrale degli insetti, causandone paralisi e morte.

Nonostante ciò la carneficina delle api nel mondo non sta diminuendo anzi, col passare del tempo sta crescendo il numero delle cerature in pericolo di estinzione.

Inoltre la sensibilità delle api al clima, all’ambiente, alle sostanze tossiche e ai vari inquinanti le rendono però un indicatore fondamentale dello stato di salute dei luoghi dove vivono. Per questo, e per il loro ruolo insostituibile nell’impollinazione e quindi nel mantenere costante la riproduzione della flora, il loro stato di salute può influenzare in maniera evidente la sopravvivenza e la qualità della vita delle specie animali più evolute.

Irene Del Mastro



Il Salice

Il “Salice” nasce nel 1985. Negli ultimi sette anni sono stati pubblicati più di 2000 articoli online.


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