Quando mentire diventa patologico

Il primo che parlò di mitomania fu il dottor Ernest Dupré, agli inizi del ‘900.
Essa si identifica come una vera e propria malattia, portando il soggetto che ne è affetto a diventare un “bugiardo patologico”.
Le menzogne raccontate hanno spesso il fine di rendere se stessi e la propria vita maggiormente interessante agli occhi altrui un bugiardo patologico non vuole imbrogliare gli altri ma deformare la realtà a proprio piacimento. Ed è proprio in questo concetto che risiede il significato di mitomania: creare una realtà immaginaria cercando di imporla agli altri, e infine anche a se stessi.
Chiunque quando mente lo fa in modo consapevole, cosciente del fatto che ciò che sta dicendo non è la realtà; ed è proprio in questo che consiste la distinzione con i bugiardi patologici. Per un mitomane la differenza tra realtà e invenzione diventa del tutto effimera. Man mano che le menzogne vengono protratte nel tempo il soggetto ne rimane intrappolato, arrivando a credere che quel che dice sia la verità; da ciò scaturisce una vera e propria dipendenza.
Le cause che portano a sviluppare questa patologia sono tuttora incerte. Alcuni psicologi ipotizzano si possa sviluppare con maggiore frequenza in persone con una bassa autostima o che hanno subito traumi nella propria vita. In quest’ultimo caso la mitomania diventa un meccanismo di difesa in grado di creare una realtà fittizia migliore di quella effettiva, e cancellare le esperienze passate negative.
Uno degli esempi più intriganti riguardanti questo fenomeno psicologico è quello di Jean-Claude Romand, la cui storia viene ricostruita minuziosamente nel romanzo “L’avversario”, dello scrittore francese Emmanuel Carrère.
Quest’uomo finse per diciotto anni una laurea in medicina e un lavoro come medico ricercatore all’OMS, costruendosi un personaggio nel quale rimase fatalmente intrappolato. Temendo di essere smascherato e di dover abbandonare definitivamente la figura del “dottor Romand”, catapultato di fronte alla realtà dei fatti, il 9 gennaio 1993 sterminò la propria famiglia, uccidendo la moglie, i due figli, i genitori e il cane di questi ultimi, dando poi fuoco alla propria abitazione, tentando il suicidio.
L’atto del “mentire” è tipicamente umano e nei limiti della normalità è indice dell’intelligenza sociale. Tuttavia è opportuno demarcare un confine tra le “piccole bugie”, pronunciate occasionalmente e spesso a fin di bene, e le “bugie patologiche”, pronunciate proprio per estraniarsi dalla realtà. Proprio le vicende più eclatanti come quella di Jean-Claude Romand mostrano come sia assai facile cadere in un circolo vizioso di menzogne, dal quale è impossibile uscire.