Il tuo telefono sa che sei incinta
di Luisa Gossi
Già alla fine del’800 Louis Brandeis, avvocato statunitense, ha riflettuto sulla protezione della privacy dalla minaccia dei nuovi strumenti tecnologici dell’epoca. Ha trattato così per la prima volta l’argomento di come le “leggi devono stare al passo con la tecnologia e i nuovi strumenti di sorveglianza”. Brandeis ha compreso che con l’utilizzo dei nuovi mezzi tecnologici si potesse perdere il “diritto di essere lasciati in pace”.
Argomento che ritorna oggi con estrema importanza con la recente cancellazione delle tutele costituzionali per il diritto all’aborto in America. Con le tecnologie di questi tempi le forze dell’ordine, o chiunque avesse un minimo di capacità, potrebbero arrivare ai dati delle donne che decidono di praticare un’interruzione di gravidanza in modo illegale.
Tutto ciò perchè nel mondo in cui viviamo manca “una presa d’atto, dal punto di vista sia giuridico sia politico….dell’uso e la manipolazione dei dati elettronici (i quali) devono finalmente essere regolamentati e severamente limitati”. Perciò neanche la costituzione degli stati uniti d’America tratta di regolamentazione dei dati o mezzi elettronici o di intelligenza artificiale.
Grazie all’intervento di Brandeis, già a metà del Novecento si è iniziato a prendere coscenza della: “necessità di proteggere meglio la privacy e di regolamentare la tecnologia”. Tuttavia manca ancora una sicurezza basilare dei diritti personali. Infatti con artifici tecnologici, i dati di ciascuna persona possono essere analizzati da un apparato di sorveglianza.
Ciò comporta il fatto che con la situazione momentanea del diritto all’aborto in America ”Il timore di come le forze dell’ordine e gli attivisti contro l’aborto potrebbero usare quei dati per dare la caccia a chi infrangerà le nuove leggi ha messo in evidenza un terrificante labirinto di abusi della privacy”. Un esempio lampante è che l’attimo successivo a quando è stata trapelata la bozza del verdetto della corte americana per ribaltare la sentenza Roe contro Wade, una giornalista con un centinaio di dollari ha ottenuto i dati aggregati (cioè non comparivano i nomi degli utenti) di persone che avevano visitato del cliniche per l’interruzione di gravidanza nell’ultima settimana. I dati mostravano il luogo di residenza delle persone e la tempistica della visita e dove erano andate dopo di essa. Con facilità utilizzando delle vie trasverse per aggirare le leggi sulla privacy si può risalire ai dati personali della persona.
La compravendita di dati delle persone è diffusa a livello capillare nelle aziende, a partire da Uber fino alle compagnie telefoniche. Di conseguenza si può risalire ai dati per indentificare le donne che s’incontrano per l’acquisto di pillole abortive, le donne che si trovano costrette a a cambiare stato per sottoporsi ad un’aborto o a chiedere aiuto con estrema facilità. L’abilità di riuscire a rintracciare dati personali come la residenza, nome e cognome, risiede nell’incrociare i vari dati, a partire dai posti da dove si va mangiare o dalle comuni ricerche su internet. Un’analisi fatta ha dimostrato che a partire dalle “interpretazioni dei post di Instagram fatte dagli algoritmi, per esempio, possono prevedere in modo efficace futuri casi di depressione, ottenendo risultati migliori degli esseri umani che analizzano gli stessi post”.
Le leggi che si dovrebbero occupare della protezione di diritti fondamentali come la privacy scarseggiano facendo si che questo mezzo ricada a coloro che hanno il potere di riuscire a trattare questi argomenti facendo si che ”la nostra infrastruttura digitale diventi autoritaria”.
(fonti citate da www.internzionale.it del 16/6/2022)