The American Dream
di Ilaria De Rosa
“Inizialmente concepito da Thomas Jefferson come il diritto di ogni cittadino alla ricerca della vita, della libertà e della felicità. Questo sogno non riguarda risultati garantiti, ovviamente, ma la ricerca di opportunità.”
Il sogno americano è la credenza che chiunque, indipendentemente da dove o in quale classe è nato, sia in grado di raggiungere la propria ambizione di successo in una società in cui la mobilità verso l’alto è possibile per tutti.
Pare che il motivo della discredito negli ultimi tempi di questa frase sia la sfiducia nel lavoro duro che ripaga. Infatti nel 2016, solo il 38% degli Americani pensava che i propri figli sarebbero stati meglio di loro. Mentre il 90% dei bambini nati nel 1940 è finito in gradi più alti della distribuzione del reddito rispetto ai genitori.
Togliendo il fattore economico ci rimane il concetto che garantisce la possibilità di vivere, nel vero senso della parola, partendo da zero. La cinematografia americana ha pubblicizzato enormemente questa percezione con film come “American Honey” (2016) di Andrea Arnold o “Alla Ricerca della Felicità” (2006) di Gabriele Muccino.
Come spettatori da un altro paese più che chiederci se il sogno americano è morto ci domandiamo se sia mai esistito. Possiamo credere che tutto ciò che la vita ha da offrirci sia quello per cui studiamo, lavoriamo e educhiamo: il successo. Possiamo credere di poter vivere secondo i piani ed essere sicuri del proprio percorso. Possiamo credere che fiorire fuori dallo stile di vita della propria famiglia, cultura, origine sia raro.
La vita ritratta nel sogno americano è, in realtà, a disposizione di tutti e quindi un’esperienza condivisa. La vita è imprevedibile, è sorprendente, è rocciosa, è dolorosa. E nel nostro piccolo potremmo tutti crescere da una situazione difficile da cui partiamo.
Chi decide di sostenere il secondo punto di vista possiede una visione cinematografica, realistica o meno, per la quale è più importante fare esperienza di qualcosa che avere successo o addirittura essere felici.
Dietro questa prospettiva una vita priva di ostacoli e traumi risulta noiosa, piatta. La dissolutezza diventa un’esperienza costruttiva e utile per formare la propria personalità e la povertà viene romanticizzata.
Le persone rincorrono il dolore perché viene dipinto come chiave per raggiungere la felicità o almeno uno stato di consapevolezza della vita.
Questo è il motivo per cui ‘The American Dream’ sta morendo: non vogliamo eccellere nella vita, ma vivere.