La storia degli orologi
di Claudio Gallo
Oggi gli orologi sono soprattutto accessori di moda, ma le loro origini affondano nell’antichità quando il loro utilizzo era pratico.
Con la nascita delle prima vere civiltà, Egiziani e Babilonesi, si sviluppò il sistema sessagesimale (dividere ore e minuti in unità di 60 secondi). Queste civiltà erano esperte in astronomia ed avevano imparato che il movimento degli astri e della luna permetteva di capire lo scorrere del tempo.
Le meridiane, inventate dagli Egiziani, sono i primi veri antenati degli orologi. Esse sfruttavano l’ombra del sole per individuarne l’angolazione e così far capire l’orario. Però, visto che si basavano sull’ombra del sole, non permettevano di misurare il tempo durante la notte e le giornate cupe.
Gli Egiziani quindi inventarono le clessidre ad acqua, per una misura dello scorrere del tempo basata su un flusso costante di acqua in uscita da un contenitore. Queste furono usate anche dai Greci e dai Romani, però non erano molto accurate, e quindi le meridiane continuavano ad essere utilizzate.
Durante il Medioevo misurare lo scorrere del tempo era di fondamentale importanza, visto che le giornate nei monasteri erano suddivise in ore di preghiera e di lavoro che dovevano essere osservate rigorosamente. Perciò i primi veri orologiai europei furono i monaci cattolici, che inventarono i primi orologi per campanili e torri. Questi avevano solo la lancetta delle ore, e solo in seguito si inventò quella per i minuti prima e quella per i secondi dopo (tra XV e XVI secolo).
Non si sa precisamente quando venne inventato il primo orologio meccanico. Si sa però che la prima testimonianza in letteratura è quella di Dante Alighieri, nella Divina Commedia.
Il poeta si riferisce agli orologi meccanici quando, nel canto X del Paradiso, paragona la danza e il canto dei beati al movimento rotatorio degli ingranaggi di uno svegliarino e al suo dolce tintinnare:
Indi, come orologio che ne chiami
ne l’ora che la sposa di Dio surge
a mattinar lo sposo perché l’ami,
che l’una parte e l’altra tira e urge,
tin tin sonando con sì dolce nota […]
così vid’ ïo la gloriosa rota […].
(Par. X, 139-145)
È la descrizione di uno svegliarino monastico, in cui il martelletto della campana, tirato e spinto, emetteva un suono.
Il termine scelto da Dante per definire questo dispositivo, “orologio”, era una parola colta (dal latino horologium) e rara nell’italiano antico.
In altri passi invece Dante usa una forma più comune, “oriuolo”, oggi usata solo per denominare alcune vie (ad esempio Via dell’Oriuolo, a Firenze, prese questo nome perché in una casa di quella strada, nel 1353, fu costruito il primo orologio a ruote della città, destinato alla torre del Palazzo della Signoria):
E come cerchi in tempra d’orïuoli
si giran sì, che ’l primo a chi pon mente
quïeto pare, e l’ultimo che voli […].
(Par. XXIV, 13-15)
In questo passo Dante descrive gli ingranaggi di un movimento meccanico, ma ci sono varie interpretazioni a riguardo. Un’ipotesi è che stia descrivendo l’antenato del bilanciere, il cui moto è talmente accelerato da una parte all’altra che sembra volare, mentre la ruota delle ore, con la sua rotazione lentissima, risultava quasi immobile.
Una curiosità: Dante scrive che i beati della ruota celeste girano come un orologio perché ai suoi tempi gli orologi avevano i quadranti che ruotavano su se stessi, mentre un indice esterno, fisso, segnava l’ora. Sembra derivare proprio da qui la definizione di lancette con il sinonimo “sfere”.
A metà ‘600 Galileo Galilei e Christiaan Huygens applicarono il pendolo agli orologi, mentre intorno al 1670 il movimento a scappamento sostituì il meccanismo del moto alternato del pendolo con il moto rotatorio prodotto da una corona. Huygens inventò quindi un sistema costituito da un bilanciere con molla a spirale: nascevano così gli orologi da tasca che potevano funzionare anche in movimento, mentre fino a quel momento gli orologi avevano avuto bisogno di stabilità.
Gli uomini portavano i loro orologi su una catena nella tasca posteriore, le donne lo portavano invece al collo, attaccati a nastri o catene.
Nel 1812, Abraham-Louis Breguet realizzò, su richiesta della regina Carolina Murat, sorella di Napoleone, il primo orologio da polso conosciuto, attaccato appunto al polso grazie a un cinturino.
I primi uomini ad indossare gli orologi da polso furono i militari alla fine dell’800, mentre i civili usavano già da diversi anni gli orologi da tasca. Ma agli inizi del ‘900 anche gli uomini cominciarono ad indossare orologi da polso.
Con la rivoluzione industriale nacquero le prime aziende di orologeria. La prima azienda a produrre un orologio da polso fu Patek Philippe nel 1868 per la contessa ungherese Koscowicz, mentre Cartier produsse il primo per uomini nel 1904: il pilota Alberto Santos Dumont necessitava di utilizzare entrambe le mani durante il volo e di poter guardare l’ora allo stesso tempo, quindi Louis Cartier disegnò per lui il Cartier Santos.
el 1926 Rolex inventò la cassa Oyster impermeabile, contribuendo al successo degli orologi da polso, ma i primi veri orologi subacquei furono proprio i Rolex e i Blancpain degli anni ’50.
Nel 1931 sempre Rolex lanciò il primo movimento a carica automatica, l’Oyster Perpetual, che sostituì il movimento a carica manuale.
Il primo orologio al quarzo risale al 1927, ed era di una precisione mai vista sino ad allora, ma gli esemplari erano troppo ingombranti. Solo nel 1969 Seiko riuscì a produrre il primo orologio da polso al quarzo della storia. I movimenti degli orologi al quarzo necessitavano di meno componenti, erano quindi meno costosi in produzione e potevano essere realizzati in grandi quantità. Molti modelli di orologi economici inondarono il mercato e mandarono in crisi i vecchi produttori di orologi meccanici. In Svizzera, nel 1970, solo 600 delle 1600 imprese rimasero in attività, e anche marchi tradizionali come Rolex lottarono contro il boom del quarzo: ad esempio proprio la Rolex dovette introdurre l’Oyster Quartz, il primo e unico orologio della maison con movimento al quarzo fino ad oggi. Il mercato degli orologi meccanici si riprese alla fine degli anni ‘80. Lo “Swiss made” riacquistò importanza come criterio di qualità e anzi gli orologi meccanici furono più popolari che mai.
Attualmente il mercato degli orologi è in continua evoluzione. Sono nati e stanno nascendo molti brand che cercano di portare novità in questo mondo per quanto riguarda forme, materiali e complicazioni. Anche i marchi storici, pur mantenendo sui loro orologi la tradizione e gli elementi distintivi che li hanno resi grandi ed eterni nel tempo, devono restare al passo in questo aspetto. Prendiamo ad esempio il Rolex Submariner, uno degli orologi più iconici, nato nel 1953 e famoso soprattutto perché indossato nel primo 007 interpretato da Sean Connery: se si confrontano il primo modello e quello odierno si nota che esteticamente sono molto simili, quasi uguali, ma anche che, per quanto riguarda la resistenza dei materiali, il senso di “solidità” che dà l’orologio e la precisione nel tenere il tempo, non c’è confronto.
In questi anni i collezionisti si dividono in appassionati e investitori. Certamente molti orologi stanno assumendo dei prezzi elevatissimi, in continua e rapida crescita, e dunque rappresentano degli investimenti piuttosto sicuri. I veri appassionati sono invece coloro che non si basano esclusivamente sul valore del pezzo o sul suo potenziale valore futuro, ma sulla sua storia, sulla storia della maison, sulle sue caratteristiche tecniche, oltre che sul valore affettivo, che, a mio parere, è l’aspetto più importante e che rende speciale il mondo degli orologi. Il motto della Rolex “Every Rolex tells a story” si potrebbe espandere anche alle altre case orologiere: osservando l’orologio che si porta al polso, qualsiasi sia il suo valore economico, si riesce a ritornare con la mente ai momenti vissuti “in sua compagnia”, o a pensare alla persona che lo ha indossato prima di noi.