“Less is better?

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di Giorgia Cappato

Nell’epoca contemporanea, dominata dal consumismo sfrenato e dalla ricerca del possesso e dell’accumulo di beni materiali come simbolo di successo, il minimalismo emerge come una controcorrente filosofica e culturale.  Potrebbe sembrare solamente una semplice moda passeggera, ma nel profondo esso lancia un invito a riflettere su ciò che veramente conta nell’esistenza quotidiana.

 

Contrariamente alla convinzione predominante del giorno d’oggi, dove il possesso di più beni si ritiene che porti inevitabilmente alla felicità, il minimalismo propone alla società odierna un paradigma alternativo: la vera felicità risiede nella semplicità e nell’essenziale. Ridurre il superfluo non è solo una questione di liberare spazio fisico, ma anche di liberare la mente e il cuore da distrazioni inutili.

Infatti molti ritengono che il minimalismo sia solamente nell’arredamento o nel modo di vestirsi, quando in realtà è un vero e proprio stile di vita. Questo concetto riflette le parole di pensatori come Henry David Thoreau, il quale enfatizzava l’importanza di vivere consapevolmente e di semplificare la propria esistenza per trovare una pace autentica e duratura. Opere contemporanee come “Essentialism: The Disciplined Pursuit of Less” di Greg McKeown e “Goodbye, Things: The New Japanese Minimalism” di Fumio Sasaki esplorano approfonditamente come il minimalismo possa non solo ridurre il consumo materiale, ma anche condurre a una vita più intima e significativa.

Tuttavia, l’espansione del minimalismo sui social media e la sua commercializzazione sollevano domande riguardo alle vere intenzioni di questo movimento. È opportuno dunque chiedersi, viste le modalità con cui esso viene rappresentato sui social, se il minimalismo sia diventato soltanto un’altra tendenza di stile di vita da adottare superficialmente, oppure se esso conservi la capacità di indurre una trasformazione profonda e significativa nelle vite di tutti. Il confronto con il capitalismo contemporaneo è inevitabile. Mentre la cultura consumistica promuove l’idea che l’accumulo di beni sia sinonimo di status e successo, il minimalismo invita a riconsiderare queste convinzioni. Forse l’ossessione per il possesso ci allontana dalla ricerca di una vita più autentica e soddisfacente. E dunque la ricchezza materiale non è la sola ricetta per la felicità. Bisognerebbe considerare se il perseguimento incessante del profitto e dell’accumulo sia veramente in sintonia con i nostri veri valori e con il nostro benessere interiore.

 

Redazione



Il Salice

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