Linguaggio come forma del pensiero

Come affermò Wilhelm von Humboldt, linguista e filosofo tedesco, “Il linguaggio è non solo l’espressione del pensiero, ma il mezzo che determina la forma del pensiero stesso“. Se da una parte è chiaro che l’obiettivo principale del linguaggio è comunicare, dall’altra è più complesso spiegare il rapporto che il linguaggio ha con la mente e come entrambi siano in grado di influenzare la realtà. Infatti tutte le lingue che conosciamo oggi sono molto simili tra loro, come struttura e meccanismi concettuali, anche se si possono notare degli aspetti interessanti che le differenziano. Per esempio, il mandarino utilizza gli ideogrammi per la scrittura e perciò si basa su concetti collegati in modo intuitivo piuttosto che secondo un processo logico e lineare tipico invece delle lingue indoeuropee. Non si tratta di un aspetto semplicemente formale ma anche cognitivo: l’utilizzo di una lingua con sistema di scrittura logografico determina un’organizzazione mentale basata su rapporti e associazioni tra idee, favorendo un approccio sintetico e olistico, e stimola meccanismi mnemonici di tipo visivo e simbolico.
Per comprendere meglio l’immenso impatto che il linguaggio ha sulla nostra mente e sulla nostra esistenza, è necessario risalire all’origine del linguaggio della nostra specie e alle mutazioni genetiche che hanno permanentemente modificato le connessioni neurali e la struttura cerebrale degli esseri umani. Come spiega Harari nel libro “Sapiens: Da animali a dei”, la nascita di nuovi modi di pensare e comunicare è stata determinante nell’affermarsi dell’uomo come specie dominante del pianeta. Il nostro linguaggio consente infinite possibilità di espressione e di significato, nonostante il numero limitato di suoni, e ammette anche concetti astratti. È ciò che ha permesso all’uomo di creare legami coi suoi simili più solidi di ogni altra specie e di analizzare e comprendere la realtà in modo più profondo.
Infine, si può facilmente immaginare come il funzionamento della nostra mente possa determinare una certa realtà (o meglio la nostra percezione soggettiva di essa) poiché sono proprio le connessioni neurali del nostro cervello a stabilire i nostri ragionamenti, le nostre decisioni e, in ultimo, le nostre azioni. Questo tema è sviluppato nel film “Arrival”, capolavoro di Denis Villeneuve, in cui l’umanità entra in contatto con una specie aliena che vive in quattro dimensioni e dunque non è vincolata a passato, presente e futuro. Il loro modo di comunicare riflette questo loro approccio alla realtà e la protagonista, una filologa, studiando il loro linguaggio, inizierà a pensare come loro e a vivere anch’essa slegata dalla linearità del tempo. Ecco dunque come dal pensiero si passa al mondo fisico e come il ruolo del linguaggio diventi fondamentale nella costruzione della realtà. Infatti, come afferma l’antropologo e linguista Edward Sapir, “Noi vediamo e sentiamo e sperimentiamo il mondo in un modo determinato in gran parte dalla lingua che abbiamo”.