Jovanotti a Torino: una celebrazione della vita

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Lorenzo Cherubini, classe 1966, meglio conosciuto come Jovanotti, è molto più di un cantautore: è un tessitore di poesie, un architetto delle parole, capace di mescolare pop, hip hop, e cultura in musica e suoni contagiosamente entusiasmanti. Con il suo tour PalaJova 2025, Jovanotti ha infiammato le arene italiane – tra cui l’Inalpi Arena di Torino, dove si è esibito per ben sei date sold-out – portando sul palco una vera e propria celebrazione della vita, in tutte le sue più variopinte sfumature.

Ogni suo concerto è una festa, un ritrovo collettivo che unisce più generazioni sotto le stesse luci e vibrazioni. La scaletta racchiude sia i pezzi appena usciti che quelli più vecchi, sia i brani funk e hip-hop (durante la cui esecuzione l’arena si trasforma in una pista da ballo) che quelli lenti e romantici. In ogni caso, è impossibile non cantare; la sua musica è ormai colonna sonora delle migliaia di storie personali di un pubblico ampissimo. “Nella vita di un artista una delle cose migliori che possa capitare è essere il cupido di una coppia. E’ un’emozione bellissima sapere che una mia canzone ha fatto da freccia”, rivela Jovanotti prima di cantare “A te”, universalmente conosciuta come una delle canzoni più romantiche scritte dall’artista, “quindi, questa canzone, dedicala a lei, e io la dedico alla mia”.  I testi sono vere poesie in musica, che raccontano l’amore, l’amicizia, la felicità, la libertà, la vita.

Tra una canzone e l’altra, Lorenzo si prende il tempo per parlare al pubblico. Cita Giordano Bruno e i suoi infiniti mondi parlando di “Un mondo a parte”, descrive “L’estate addosso” come una sinestesia sonora, capace di far sentire, attraverso la musica, la sabbia bollente sotto i piedi nudi, l’odore del mare, il calore del sole sulla pelle. In “Il corpo umano” fa riferimento al ritmo del sirtaki greco, ispirandosi ad Anthony Quinn con la sua danza nel film “Zorba il greco”, fondendo la sua musica con la cultura in un’unica esperienza.

Sul palco, Jovanotti non canta soltanto: salta, balla, si muove come un atleta. È un fuoco che brucia senza spegnersi mai, una fonte di vitalità che travolge il pubblico. Dopo i suoi concerti è stanco, e rivela di aver bisogno di un massaggio, soprattutto per alleviare il dolore fisico e la tensione muscolare che si accumula durante le esibizioni. Ha anche menzionato che a causa di una precedente frattura alla clavicola, la laringe si è leggermente spostata e richiede l’intervento di un osteopata per rimetterla a posto.

Nei suoi concerti ci si ritrova immersi in un turbine di luce e di parole. Alla fine, si esce dall’arena con il cuore pieno, un sorriso largo stampato in faccia, e la sensazione di essere stati parte di qualcosa di grande, bellissimo e irripetibile, vissuto insieme, vivi, per davvero.

Beatrice Cattarossi



Il Salice

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