Il laccio che soffoca
di Giulia Capretto
Parlando di angoscia, parola sempre più comune nel lessico di oggi, è necessario partire dalla sua etimologia. Innanzitutto, deriva dal latino, dal verbo angere, cioè stringere, che comunica in maniera efficace e chiara, la sensazione di molti ragazzi e non solo. L’ansia è un’emozione ambigua, in quanto è grazie ad essa che si diviene più precisi e attenti a norme o regole, essendo essa parte del processo evolutivo. Tuttavia, può essere anche una sorta di muro nell’aprirsi e nel conoscere il mondo circostante, in quanto ci si copre di angosce fittizie o reali e può essere riconosciuta, in questo caso, come malattia patologica.
Essa nasce in ogni individuo sin da piccoli, basti pensare alla sensazione di paura che i bambini provano quando si separano dai genitori, al semplice varcare le mura scolastiche per la prima volta o alla paura nei confronti di oggetti e persone estranee; si sviluppa poi in modo crescente nel periodo dell’adolescenza. Infatti secondo Sergio de Filippis, docente di Psichiatria delle Dipendenze all’Università di Roma La Sapienza, circa il 49,4% degli adolescenti soffre di ansia o depressione, ricerca svolta attraverso il suo progetto “Mi vedete?”.
Un esempio, sempre inerente all’ambiente scolastico, è ciò che il ragazzo può provare prima di un’interrogazione o un test: si tratta di ansia da prestazione, che porta l’alunno a impegnarsi ancora di più, ma si esaurisce appena finito lo stimolo. Quando invece esso si blocca durante la prova, come se non ricordasse nulla di ciò che ha imparato ed inizia ad avere sintomi somatici, quali tachicardia e sudorazione eccessiva, ecco i primi segnali di allarme. E’ in aumento come tanti disturbi, infatti si parla di multifattorialità: i ragazzi hanno sempre più possibilità di entrare precocemente nel mondo degli adulti e di vivere la quotidiana frenesia che il mondo del lavoro porta, con i suoi pregi, cioè la maggior preparazione nel riscontro reale e maggior sopportazione di questo continuo movimento, e i suoi difetti: cioè l’ansia. Si tratta in questo caso di un fattore ambientale. Sicuramente i ragazzi risentono anche del clima all’interno del nucleo familiare: avere dei genitori che soffrono di questo disturbo non è facile; in questo caso si parla di ansia genetica, poiché aumenta la possibilità che anche i giovani diventino “portatori” di ansia. Infine, il fattore comportamentale: i bambini di indole più introversa e inibita sono quelli maggiormente esposti rispetto a coloro con un temperamento più colorito e vivace.
Bisogna però tenere in conto anche i cambiamenti di stili di vita e la riduzione da parte delle famiglie di protezione. In effetti, figura molto importante è quella genitoriale: alcune volte si manca di attenzione e di sufficiente controllo e si lasciano ii ragazzi abbandonati a se stessi, facendo dipendere la loro crescita dalla propria indole; in altre situazioni c’è un ruolo iperprotettivo, non si lascia alcuno spazio alla loro autonomia, limitando la considerazione di loro stessi e di conseguenza la loro autostima. Così si fa crescere il pensiero di non essere adatti o sufficientemente bravi per affrontare eventuali problemi o richieste dal mondo esterno.
Ci sono diversi spettri dell’ansia, a partire da quella di separazione, già citata precedentemente, soprattutto in età precoce, fino alla fase evolutiva e adolescenziale, in cui se ne presentano due: abbiamo i cosiddetti attacchi di panico, parola che racchiude l’interpretazione di alcuni sintomi come un evento catastrofico o morte imminente, e l’ansia generalizzata, perenne condizione in cui il giudizio degli altri diventa motivo per cui vivere, generando giovani che ricercano la perfezione in ogni ambito: scolastico, sportivo.
Ma cosa può fare un genitore o una figura di rilievo? Certamente non giudicare o sminuire il problema, come se fosse solamente un bisogno di attenzioni. La prima cosa è attuare un atteggiamento di ascolto e aprire un dialogo con il bambino, fin da piccolo, in modo tale da instaurare un luogo sicuro in cui aprirsi con il genitore. Se è difficile fare ciò oppure il problema è sorto in maniera tempestiva, rivolgersi ad un aiuto psicologico è sicuramente molto importante e consigliato in tutti i casi. Far capire e stare a fianco al ragazzo, facendolo sentire ascoltato e non sminuito. Inoltre, in maniera da alleggerire l’ambiente, fare tante attività e uscite all’aperto, che permettono di pulire la mente e distrarsi temporaneamente da quello stato di ansia momentaneo.